mercoledì 29 febbraio 2012

WEIGHTED WORDS - ZABLUDOWICZ COLLECTION, LONDON



WEIGHTED WORDS
curated by Ellen Mara De Wachter
Zabludowicz Collection
176 Prince of Wales Road - London
1/3/2012 - 10/6/2012

Ed Atkins, Omer Fast, Ruth Ewan, Dani Gal, Glenn Ligon, Mary Reid Kelley, Anri Sala, Alexandre Singh and Ryan Trecartin

The Zabludowicz Collection is proud to present Weighted Words, an exhibition bringing together works which harness the powers of language in order to produce an impact on the viewer. By investigating the ways in which artists use language, the exhibition will offer visitors new and striking ways of considering weighty topics. These include the history and discourse surrounding racism in the United States, the linguistic legacy of colonialism in Africa, recent warfare, the role of rhetoric in international affairs since the beginning of the 20th century and the transformative power of creative expressions of protest.
Weighted Words includes works from the Zabludowicz Collection and a loaned archive of historical audio recordings. The exhibition presents a significant group of works by Glenn Ligon, whose US-touring mid-career retrospective is currently on show at the Los Angeles County Museum of Art. The Zabludowicz Collection has the largest holdings of Ligon’s work of any private collection in the UK and Weighted Words will include seminal painting and neon works by the artist. Weighted Words also marks as the UK premiere of works by Alexandre Singh and Omer Fast, and includes the three parts of Ed Atkins’ trilogy of Death Mask works. Visitors will be able to use Ruth Ewan’s A Jukebox of People Trying to Change the World (2003–ongoing), which contains over 1000 protest songs addressed to a multitude of causes. Weighted Words will also include the UK premiere of Dani Gal’s Historical Records Archive. This work, loaned by the artist, is an ongoing collection, which currently consists of around 250 vinyl recordings of historical significance, ranging from political speeches and radio broadcasts to interviews with world leaders.
Weighted Words seeks to focus on the affect of language, rather than its purely cerebral aspects. The works in the exhibition deliberately seek to elicit emotional, visceral or somatic responses, rather than foregrounding concerns for semiotics or linguistics as such. The works use language in singular ways, through written text and spoken word as well as via its absence or vagaries.
The exhibition will include a major season of new and existing performance, looking at the role of language in live works ranging from poetry to lectures, via theatre, storytelling and stand-up comedy. This live programme will be announced in January 2012.
The exhibition will be accompanied by a publication including contributions from the artists.

GLI ARCHIVI DEL DOCVA - MUSEO DEL NOVECENTO, MILANO



GLI ARCHIVI DEL DOCVA
Museo del Novecento
via Marconi 1 - Milano
dall'1/3 all'1/4/2012

Si inaugura giovedì 1 marzo la collaborazione tra il Museo del Novecento e il docva (Documentation Center for Visual Arts), organizzato da Careof e Viafarini, che ha il proprio quartier generale presso la Fabbrica del Vapore in via Procaccini. Nella sala Archivi del Museo saranno infatti ospitati una postazione informatica e un Videojukebox per accedere a un’inedita prospettiva sull’arte italiana degli ultimi decenni, attraverso una selezione di materiali, documenti e opere provenienti dal docva e conservati nei suoi archivi.

Il docva offre, anche in formato elettronico
(www.docva.org):
• 25.000 volumi sull’arte dal Novecento ad oggi;
• 6.000 video tra opere di artisti e video documentazioni – grazie al Videojukebox sarà possibile accedere a interviste e video relativi alle principali esposizioni internazionali, dagli anni ’90 ai giorni nostri;
• 16.000 immagini di opere dei 3.600 artisti presenti nell’Archivio Portfolio;
• una banca dati che raccoglie informazioni su enti, organizzazioni e scuole che offrono opportunità di studio e lavoro ad artisti, studenti ed operatori nel settore delle arti.

Scopo della collaborazione, per ora biennale, è quello di garantire l’accesso semplice e gratuito a una raccolta di documenti unici, relativi all’arte contemporanea e ai portfolio degli artisti, direttamente dal cuore del Museo che custodisce l’arte del Novecento a Milano.

Il progetto di allestimento della postazione docva è stato realizzato da Friends Make Books, mentre Toilet Paper – il magazine di Maurizio Cattelan & Pierpaolo Ferrari – ha donato l’immagine.

Il docva, progetto delle organizzazioni non profit Careof e Viafarini, si è sviluppato grazie a una virtuosa collaborazione con il Comune di Milano, avviata venti anni or sono e culminata nel 2008 con l’apertura della sua sede alla Fabbrica del Vapore. Careof e Viafarini, già a partire dagli anni ’90 avevano impostato dei servizi per i giovani artisti che si sarebbero evoluti nel Centro di Documentazione che in Italia conserva e diffonde materiali di documentazione sulle arti visive contemporanee, trasformandoli ogni giorno in progetti espositivi, formativi e di valorizzazione degli artisti emergenti. I database online del Centro di Documentazione del all’avanguardia dal punto di vista informatico, sono diventati una risorsa importante per gli operatori artistici, per organizzare mostre e realizzare progetti a livello internazionale, grazie alla collaborazione continuativa di Fondazione Cariplo e Fondazione Banca del Monte di Lombardia, Gemmo e Sky. docva, Careof e Viafarini ringraziano Alderan, Acacia, Fiorucci Art Trust, Rodrigo Rodriquez, Ginevra Quadrio Curzio, gli artisti, i curatori dell’Archivio e tutti coloro che hanno arricchito il Centro di Documentazione.

EZIO RAIMONDI: LE VOCI DEI LIBRI - IL MULINO 2012

EZIO RAIMONDI
LE VOCI DEI LIBRI
a cura di Paolo Ferratini
Il Mulino, 23/2/2012
collana "Intersezioni"

«Ogni lettura importante reca con sé i segni di una relazione straordinaria, mai pacifica, mista di inquietudine e di ebbrezza, come quando un canto si innalza d’improvviso e trova la sua armonia. Il libro allora diventa una creatura, che hai sempre a fianco e che porta nella tua vita i suoi affetti, le sue ragioni a interpellare i tuoi affetti, le tue ragioni»

Tanto è manifesto l’appetito di Ezio Raimondi per i libri, che un’allieva impertinente gli attribuì la qualifica di "libridinoso". Non è però la passione del collezionista o del bibliomane. Il libro, dice Raimondi, è una creatura che ci parla, e leggere è un’occasione di incontro e di amicizia. Riandare ai libri che ci hanno accompagnato negli anni significa allora davvero ritrovare pagine e persone che ci sono state amiche. Mentre l’età di Gutenberg volge forse al tramonto, la parola vivida di questo grande lettore testimonia l’inesauribile tesoro di conoscenza e affetti che l’esperienza del libro sa portare nella nostra vita.

Ezio Raimondi è professore emerito di Letteratura italiana nell’Università di Bologna. Tra i suoi numerosi libri pubblicati dal Mulino segnaliamo "Retorica d’oggi" (2002), "Un’etica del lettore" (2007), "Il senso della letteratura" (2008), "Ombre e figure. Longhi, Arcangeli e la critica d’arte" (2011).

MAYA JASANOFF: LA COMPAGNIA DELLE INDIE - IL SAGGIATORE 2012

MAYA JASANOFF
LA COMPAGNIA DELLE INDIE
La prima multinazionale
Il Saggiatore, 16/2/2012
collana "La cultura"

Nel 1750 la Gran Bretagna era una piccola isola in un mare di colossi imperiali. Spagna, Portogallo, Paesi Bassi avevano allungato ovunque i loro artigli. E la Francia continuava a rafforzare il suo vasto dominio. Un secolo dopo l’Impero britannico avrebbe abbracciato un quarto del globo, da Ottawa a Auckland, da Città del Capo a Calcutta, da Singapore a Spanish Town. Un abitante su cinque della popolazione mondiale sarebbe diventato sud dito della regina Vittoria. La Compagnia delle Indie è la storia dell’eterna sfida tra Inghilterra e Francia, e dell’ascesa britannica in Oriente. Ma è soprattutto la storia di persone in carne e ossa, luogotenenti, ufficiali, funzionari e mercanti che insieme a viaggiatori, ladies, artisti e avventurieri si trovarono in quelle terre d’Oriente. Tanto ammaliati dai simboli e dai manufatti della nuova cultura da volersene riempire le tasche. Per motivi di status, per autoaffermazione, per mera vanità. Tutti divennero collezionisti. Con manoscritti, narghilè, pettini d’avorio, tappeti, scimitarre e animali esotici, l’orientalismo entrò nella cultura europea. Maya Jasanoff scava negli archivi, soffia via dai bauli la polvere della memoria e riporta in vita i personaggi leggendari di quel secolo. Robert Clive e la brama che lo conduce al suicidio. Henry Salt, l’uomo che esce dall’anonimato in Egitto, ma in Egitto perde la famiglia, il senno, la vita. Antoine Polier, ucciso dai ladri che tra i suoi manoscritti arabi cercano ori e diamanti. E poi Benoît de Boigne, Claude Martin e Napoleone «Abdallah» Bonaparte, disposto a convertire l’esercito francese all’islam pur di ottenere gli onori dovuti a un principe musulmano.

Maya Jasanoff è docente di Storia inglese all’Università di Harvard, specializzata nella storia dell’Impero britannico.

OLGA CIRONE E MATTEO MUSI: FORME SPECIFICHE - SALA DOGANA, GENOVA



OLGA CIRONE E MATTEO MUSI
FORME SPECIFICHE
Sala Dogana di Palazzo Ducale
piazza matteotti 9 - Genova
dall'1 all'11/3/2012

Olga Cirone e Matteo Musi girano per le città e "vedono" forme e colori che non sono state concepite per essere percepite in quel modo. Ma eccole lì.
Contro cieli tersi e azzurri. Se le guardate da lontano sono opere astratte,se vi avvicinate riconoscete i muri e l'uso per cui quelle forme sono state progettate. La riproposta plastica di quelle forme esce dalla funzione originaria, ed elabora ulteriormente il messaggio subliminale, visibile solo da certi punti di vista, in certe condizioni di luce. E allora, passeggiando per la città, alzate gli occhi, ritagliate spicchi di quel che vedete e, se saprete guardare, vedrete anche voi quello che Cirone e Musi ci stanno mostrando con fotografie e composizioni.
Testo di Ferdinando Boero

martedì 28 febbraio 2012

ARTE EUROPEA 1949-1979 - COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM, VENEZIA



ARTE EUROPEA 1949-1979
a cura di Philip Rylands
Collezione Peggy Guggenheim
Palazzo Venier dei Leoni - Dorsoduro 701 Venezia
dal 29/2/2012 al 6/5/2012

In occasione della completa riapertura del museo e del Giardino delle Sculture Nasher dopo i lavori di ristrutturazione, il 29 febbraio la Collezione Peggy Guggenheim presenta la mostra Arte europea 1949-1979 e invita il pubblico ad un’apertura straordinaria gratuita delle sale espositive dalle 17 alle 20. L’esposizione curata da Philip Rylands, direttore del museo, porta in scena una preziosa selezione di opere del secondo dopoguerra, collezionate da Peggy e raramente esposte, ripercorrendo così gli anni “veneziani” della mecenate americana, che visse a Palazzo Venier dei Leoni dal 1949 al 1979, e che, nonostante l’abbandono di New York, fulcro della nuova avanguardia artistica, nel 1947, continuò la sua attività di collezionista lungimirante e all’avanguardia nella città lagunare.
La mostra rappresenta un’occasione unica per vedere inoltre esposte le opere donate al museo veneziano dal 1979, anno della scomparsa di Peggy, ad oggi, a cominciare da alcune delle sculture che animano il rinnovato Giardino della Sculture Nasher, tra cui le opere di Germaine Richier, Tony Caro, Bryan Hunt, Jenny Holzer, Mirko, e Barry Flanagan. Verranno svelate al visitatore opere come Lettera a Palladio n. 6 (1977) di Giuseppe Santomaso, I cantieri (1947-48) di Armando Pizzinato e il più recente Forme in moto (1980), i decoupages di Mimmo Rotella, due lavori di Lucio Fontana, tra cui un Concetto Spaziale del 1955, uno dei primi esempi dei suoi celeberrimi “buchi” opera recentemente acquisita dal museo (2011), Vulcano azteco di Pierre Alechinsky, un rilievo in alluminio e legno di Heinz Mack, una serie di incisioni di Eduardo Chillida, Omaggio al quadrato RIII a-ı di Josef Albers, la tela estroflessa di Agostino Bonalumi, le sculture di Mirko insieme ad una sua preziosa tempera, Bozzetto cancello delle Fosse Ardeatine del 1949, un tardo monotipo di Emilio Vedova, opere di Bice Lazzari, Gastone Novelli (nella foto) e Toti Scialoja, e due dipinti di Carla Accardi, tra cui l’eccellente Blu concentrico del 1960.
L’esposizione si apre con una scultura e un disegno, rispettivamente di Alberto Giacometti e Marino Marini, e si focalizza, nelle prime tre sale, sull’arte italiana e veneziana del secondo dopoguerra, privilegiando gli artisti legati alla figura di Peggy Guggenheim, come Edmondo Bacci, Pizzinato, Santomaso, Tancredi, e Vedova. Alle loro opere si accostano i dipinti della Accardi, di Afro, Enrico Baj, Piero Dorazio e William Congdon. Il percorso prosegue poi i grandi esponenti dell’arte inglese degli anni ’50, da Kenneth Armitage a Francis Bacon, da Alan Davie a Ben Nicholson e Graham Sutherland, e con gli artisti del movimento CoBrA, nato nel 1948, provenienti da Copenaghen, Bruxelles e Amsterdam, come Karel Appel, Asger Jorn, Corneille e Pierre Alechinsky. Le opere informali della Lazzari e di Scialoja si accostano alle creazioni scultoree raramente esposte di Arman, Alberto Guzman, e Zoltan Kemeny e ai decoupages di Gwyther Irwin e Rotella. La parte conclusiva della mostra si concentra sulla “ricerca visiva” dell’optical art di Franco Costalonga, Victor Vasarely, Manfredo Massironi, Martha Boto, Bice Lazzari e Francesco Sobrino e sui monocromi di Albers, Fontana e Bonalumi, le sculture murali di Mack e Gunther Uecker, la Sfera n. 4 di Arnaldo Pomodoro, le incisioni su carta di Chillida, e un prezioso dipinto di Gastone Novelli del 1960, Una delle sale del museo, recentemente donato dalla Fondazione Araldi Guinetti.
Chiude l’esposizione un omaggio a Marion Richardson Taylor, artista versatile ed eclettica, scomparsa nel 2010, che si è sempre cimentata in un’ampia gamma di stili e tecniche, passando da murales di evidente matrice espressionista-astratta a nature morte cubiste, da ritratti non-figurativi a piccoli disegni intimisti, tutti lavori la cui traccia distintiva è il colore. La sua costante ricerca di un linguaggio artistico innovativo, l’ha spinta ad aprirsi a nuove sperimentazioni e a ripensare in continuo la propria arte, portandola a viaggiare tra Spagna, Egitto, Giappone e Provenza, luoghi che hanno inciso fortemente sulle sue opere. Grazie al lascito dell’artista alla Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York nel 1998, il museo veneziano le dedica la sua prima monografica.

T.ACT - HANS WERNER GEERTS, MARRAKESH



T.ACT
Hans-Werner Geerdts
51, Derb el Hammam - Marrakesch-Mouazzin
29/2/2012 - 6/3/2012

The transcultural and free association of artists T.act develops a site specific installation based on artistic research about the natural resource "gold". Ever since historical and recent policies are enormously influenced by the disposability of natural resources. Aspects of post-colonialism, globalised economic strategies and with it evident local consequences give witness about this fact.
Furthermore the material "gold" has a broad range of connotations. So "The Beyond" which can be found in fairy tales and regional traditions is opening the topic to tangible local and personal backgrounds.
The interest of T.act is to develop an artwork which is working with a specific material and as well with its relations between global and local structures in the sense of cultural studies.
T.act intends to investigate questions of collaboration as well as conception and recognition of art in the various "worlds". We wonder, whether human ways of dealing with the global and cross-border problems of 21st century can be proved and visualized by an artistic process in the sense of a transforming term of a hybrid culture.
A working process based on democratic principles will substantiate the exhibition's display in Marrakech in March 2012.

T.act: Nisren Abasher (Sudan), Anja Bodanowitz (Germany), Stefan Doldt (Germany), Nusreldin El Douma (Sudan), Christine Geesing (Germany), Edmon Khalil (Sweden), Shayma Kamel (Egypt), Janna Schneewitta Rehbein (Germany), Katharina Quecke (Germany), Teyssir Salim and Issam Haffiez.

JENNIFER RATNER ROSENHAGEN: AMERICAN NIETZSCHE - THE UNIVERSITY OF CHICAGO PRESS 2011

JENNIFER RATNER ROSENHAGEN
AMERICAN NIETZSCHE
A History of an Icon and His Ideas
The University of Chicago Press
december 2011

If you were looking for a philosopher likely to appeal to Americans, Friedrich Nietzsche would be far from your first choice. After all, in his blazing career, Nietzsche took aim at nearly all the foundations of modern American life: Christian morality, the Enlightenment faith in reason, and the idea of human equality. Despite that, for more than a century Nietzsche has been a hugely popular—and surprisingly influential—figure in American thought and culture.
In American Nietzsche, Jennifer Ratner-Rosenhagen delves deeply into Nietzsche's philosophy, and America’s reception of it, to tell the story of his curious appeal. Beginning her account with Ralph Waldo Emerson, whom the seventeen-year-old Nietzsche read fervently, she shows how Nietzsche’s ideas first burst on American shores at the turn of the twentieth century, and how they continued alternately to invigorate and to shock Americans for the century to come. She also delineates the broader intellectual and cultural contexts within which a wide array of commentators—academic and armchair philosophers, theologians and atheists, romantic poets and hard-nosed empiricists, and political ideologues and apostates from the Left and the Right—drew insight and inspiration from Nietzsche’s claims for the death of God, his challenge to universal truth, and his insistence on the interpretive nature of all human thought and beliefs. At the same time, she explores how his image as an iconoclastic immoralist was put to work in American popular culture, making Nietzsche an unlikely posthumous celebrity capable of inspiring both teenagers and scholars alike.
A penetrating examination of a powerful but little-explored undercurrent of twentieth-century American thought and culture, American Nietzsche dramatically recasts our understanding of American intellectual life—and puts Nietzsche squarely at its heart.

Jennifer Ratner-Rosenhagen is the Merle Cuti Assistant Professor of History at the University of Wisconsin, Madison.

KENNETH GROSS. PUPPET - THE UNIVERSITY OF CHICAGO PRESS 2011

KENNETH GROSS
PUPPET
An Essay on Uncanny Life
The University of Chicago Press
october 2011

The puppet creates delight and fear. It may evoke the innocent play of childhood, or become a tool of ritual magic, able to negotiate with ghosts and gods. Puppets can be creepy things, secretive, inanimate while also full of spirit, alive with gesture and voice. In this eloquent book, Kenneth Gross contemplates the fascination of these unsettling objects—objects that are also actors and images of life.
The poetry of the puppet is central here, whether in its blunt grotesquery or symbolic simplicity, and always in its talent for metamorphosis.On a meditative journey to seek the idiosyncratic shapes of puppets on stage,Gross looks at the anarchic Punch and Judy show, the sacred shadow theater of Bali, and experimental theaters in Europe and the United States, where puppets enact everything from Baroque opera and Shakespearean tragedy to Beckettian farce. Throughout, he interweaves accounts of the myriad faces of the puppet in literature—Collodi’s cruel, wooden Pinocchio, puppetlike characters in Kafka and Dickens, Rilke’s puppet-angels, the dark puppeteering of Philip Roth’s Micky Sabbath—as well as in the work of artists Joseph Cornell and Paul Klee. The puppet emerges here as a hungry creature, seducer and destroyer, demon and clown. It is a test of our experience of things, of the human and inhuman. A book about reseeing what we know, or what we think we know, Puppet evokes the startling power of puppets as mirrors of the uncanny in life and art.

Kenneth Gross is professor of English at the University of Rochester. He is the author of five books, including Shakespeare’s Noise and Shylock is Shakespeare, also published by the University of Chicago Press.

ANGELA LANZA: HO FAME DI GIUSTIZIA - ZENZERO, GENOVA 29/2/2012

ANGELA LANZA
HO FAME DI GIUSTIZIA
La rivolta delle donne di Palermo contro la mafia
presentazione del volume edito da Navarra
Zenzero
Via Torti 35 - Genova
mercoledì 29 febbraio 2012, h. 18,00

La giornalista Monica Lanfranco intervisterà l’autrice

Il libro racconta la storia delle donne di Palermo che nell’estate del 1992 ,a seguito della strage di via D’Amelio in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta,occuparono Piazza Castelnuovo per diverse settimane con un digiuno a “staffetta “ per reagire al destino di morte che invade la Sicilia e manifestare il dolore che ha unito tanti siciliani
E’ previsto l’intervento della dott. Anna Canepa, magistrata antimafia
Saranno proiettate immagini dal presidio.
Verranno lette alcune pagine dalla compagnia GAUCHO.

“La nuova resistenza, così è stata definita la lotta contro la mafia, la presa di coscienza che pervase il Paese dopo le stragi. – racconta Rita Borsellino - E questo deve farci ricordare le tante resistenze che nella storia dell'antimafia sono state mortificate e avvilite. Oggi è più necessario che mai impegnarsi a tutti i livelli. Accanto ai magistrati, soli e delegittimati. Per ricreare una politica degna di questo nome. Fuori i cialtroni e i buffoni, via la cultura del favore. Verità e trasparenza. Facciamo in modo che siano i giovani e le donne, troppo spesso relegati a ruoli subalterni, a dare l'input più importante. La partecipazione dal basso e la possibilità di scelta siano gli strumenti.”

lunedì 27 febbraio 2012

ALIGHIERO BOETTI - TATE MODERN, LONDON



ALIGHIERO BOETTI
curated by Mark Godfrey with Kasia Redzisz
Tate Modern Level 4
Bankside London SE1 9TG
28/2/2012 - 27/5/2012

One of the most influential Italian artists of the twentieth century, Alighiero Boetti (1940-1994) will be the subject of a major exhibition at Tate Modern in spring 2012. Alighiero Boetti: Game Plan will be the first large-scale retrospective of Boetti’s work to be held outside Italy in over a decade highlighting his often playful exploration of numeric, linguistic and classificatory systems, as well as his engagement with the people and politics of Afghanistan.
Boetti has most commonly been associated with the Italian Arte Povera artists of the late 1960s. While this exhibition begins with his Arte Povera objects made from everyday materials, including Stack 1966 and Little Coloured Sticks 1968, it also reveals his early scepticism about art movements through such works as his mock Manifesto 1967. In the late 1960s Boetti began to explore the figure of the artist, showing how it embodied the dual roles of divine shaman and public showman. He went on to represent himself as a pair of twins and change his name to Alighiero E Boetti [Alighiero and Boetti]. Alongside these early self portraits, the exhibition will also include the late Self-Portrait 1993, a life-size bronze cast of the artist spraying his head with a hose, never seen before in the UK.
Alighiero Boetti: Game Plan will highlight Boetti’s engagement with geopolitics and his travels to Ethiopia, Guatemala and Afghanistan. In 1971 Boetti set up the One Hotel in Kabul and began to work with local craftswomen to create large embroideries. The most famous of these were the Mappa, many of which will be brought together at Tate Modern. These world maps, in which each country is coloured with its national flag, record political change across the globe from 1971 to 1994, charting the independence of African states and the break-up of the USSR. The exhibition also explores the ways in which Boetti worked with exiled Afghans to articulate their political ambitions during the years of the Soviet occupation.
Boetti’s lifelong fascination with games, numbers, words, dates and sequences will also be a focus, evident in works such as Dama 1967, which uses a chequerboard pattern to evoke an absurd domino-like game, and Ordine e disordine 1973 which comprises 100 multicoloured word squares randomly arranged on the wall. The exhibition will feature several biro drawings in which Boetti's favourite phrases are encoded, the embroideries The Thousand Longest Rivers in the World 1978 and The Hour Tree 1979, and a set of rugs from 1993 whose patterns are based on numeric systems. The exhibition will also look at Boetti’s collaborations with young people, including jigsaws based on watercolour paintings of aeroplanes, counting books made with his daughter, and grids of faces which were completed by children.
Alighiero Boetti was born in Turin in 1940 and moved in the early 1970s to Rome. He has been the subject of solo exhibitions including at the Kunsthalle Basel (1978), Galleria CIvica d’Arte Moderna e Contemporanea, Turin (1996) and the Whitechapel Gallery, London (1999).
This exhibition is organised by Tate Modern, the Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid, where it will be shown from 5 October 2011 to 5 February 2012, and The Museum of Modern Art, New York, where it will travel in Summer 2012.

OLIVER RESSLER: AFTER THE CRISIS IS BEFORE THE CRISIS - GALLERIA ARTRA, MILANO



OLIVER RESSLER
AFTER THE CRISIS IS BEFORE THE CRISIS
a cura di Marco Scotini
Artra
via Burlamacchi 1 - Milano
dal 28/2/2012 al 15/4/2012

Al suo terzo appuntamento con la Galleria Artra, Oliver Ressler torna a Milano con un’esaustiva personale dal titolo "After the Crisis is before the Crisis". La mostra, che si apre martedì 28 febbraio, è il secondo step di un progetto appena iniziato presso Basis a Francoforte e destinato a svilupparsi in più tappe. Dopo la proiezione di quattordici metri dell’ultima mostra (chi non la ricorda?), l’artista viennese presenta ora una serie di lavori nati negli ultimi due anni.
Come sempre in presa diretta con il presente, anche questo nuovo progetto di Oliver Ressler ha al suo centro uno dei temi più delicati e urgenti di oggi quale la crisi del capitalismo finanziario. Ma nel caso di Ressler la questione non è nuova. Potremmo addirittura considerare il suo intero lavoro come una sorta di anticipazione critica, se non una vera e propria premessa, dell’attuale situazione così come delle forme e dei soggetti che l’accompagnano. E non solo considerando la sua ricerca semiotica sotto il profilo della pratica artistica ma anche per il carattere d’azione politica a cui essa si conforma: attraverso modalità di controinformazione e movimento. La pratica multidisciplinare di Ressler riconduce sempre ad una zona di indecidibilità tra estetica e politica.
Uno dei suoi primi progetti, The Global 500, presentato nel ’99 in Austria e in Canada, è un esame critico delle forme di comunicazione e autolegittimazione delle principali imprese dell’ordine economico neoliberista imposto dagli anni’80 in poi: dalla McDonalds alla Phillips Petroleum Company, dalla Eastman Kodak alla Goodyear. Come ha scritto allora Georg Schöllhammer “il particolare merito di Oliver Ressler è quello di aver analizzato, nel suo lavoro, le politiche simboliche che si celano dietro le forme di autorappresentazione dei global players nel mondo economico”.
Ma se The Global 500 è stato il primo episodio di una lunga serie, ciò per cui Ressler si è imposto in seguito è il grande progetto Alternative Economics, Alternative Societies dedicato invece alla definizione di un contro-modello possibile al capitalismo dopo il collasso del socialismo. E, come ha sottolineato Brian Holmes, Ressler non si è limitato ad indicare alcune prospettive, attraverso la registrazione dei contributi teorici di Holloway, Dalotel, Burnicki, etc.: ha piuttosto cercato una risposta più profonda andando direttamente a documentare in Venezuela from below le fabbriche occupate e le cooperative di lavoratori sotto Chávez. Non è allora un caso che il progetto, iniziato nel 2003, si chiuda proprio nel 2008, con la crisi bancaria contemporanea.
In After the Crisis is before the Crisis Ressler presenta wall texts, foto, video e installazioni in cui il carattere documentario della sua attività sempre più sembra far posto alla fiction. Ne sono un esempio il film appena ultimato The Bull Laid Bear, seconda collaborazione con l’artista e attivista australiana Zanny Begg, che impiega l’animazione e una soundtrack tratta da Billie Holiday per illustrare non tanto la crisi bancaria quanto l’immagine che i governi ne hanno dato, facendola passare come crisi di bilancio e debito pubblico. L’altro esempio è il trittico fotografico di carattere teatrale We Have a Situation Here, in cui cumuli di manager, caschi blu e militari giacciono a terra come marionette dopo la fine di una rappresentazione. Quella, cioè, del grande burattinaio del mercato che manovra nell’ombra attraverso il principio smithiano della mano invisibile.
È innegabile che in questa situazione totalmente rovesciata dove un sistema economico è in grado di capovolgere il politicamente impossibile in politicamente inevitabile, si debba mostrare il falso, il carattere fittizio, come momento del vero. Come ha spiegato un esperto del capitalismo finanziario come Christian Marazzi non si tratta più della menzogna del feticcio per cui la merce nasconde la verità dei rapporti sociali di produzione. Oggi è nel linguaggio, nella comunicazione stessa che si annidano i rapporti sociali che l’agire menzognero pretende di mascherare. Per questo Ressler non solo ricorre alla fiction ma ad altre pratiche di ribaltamento semantico.
Nel breve film Robbery (2012) Ressler articola e contrappone il saccheggio illegale dei negozi da parte di giovani disoccupati, nei giorni delle sommosse a Londra dell’agosto scorso, al saccheggio legale e ordinario della presa a carico da parte degli Stati del salvataggio delle banche. Resist to Exist (2011), progetto concepito originariamente per Copenhagen, è la documentazione di un’azione simbolica. Si tratta di un intervento di riappropriazione di strutture metalliche di recinzione che circondavano un deposito dei container danesi Maersk, restituite all’uso domestico e sociale. L’imponente wall text Too Big To Fail (2011) è ancora un détournement. Tipica espressione dei nostri giorni per scongiurare il fallimento delle banche e del capitalismo finanziario, il lettering nasconde al suo interno un altro senso. Avvicinandoci ci accorgiamo che i caratteri sono ritagliati sopra una foto in bianco e nero della grande manifestazione di massa del 28 marzo del 2009. N
on c’è dubbio che quel 99% della popolazione indebitata ed espropriata possa trasformarsi in reale opposizione.

JACINTO LAGEIRA: JEAN-MARC BUSTAMANTE. CRISTALLISATIONS - ACTES SUD 2011

JACINTO LAGEIRA
JEAN-MARC BUSTAMANTE. CRISTALLISATIONS
Oeuvres 1978-2011
Actes Sud, 22 février 2012

Jean-Marc Bustamante est l’un des artistes majeurs de la scène européenne, présent dans les collections de nombreux musées.
Au fil des trois dernières décennies, son œuvre n’a cessé d’entremêler la sculpture, la peinture et la photographie. En 1978, avec le projet de "faire de la photo qui ne rende pas compte de l’art, mais qui soit de l’art en tant que tel", il réalise ses premiers "tableaux photographiques". Il montre, en grand format et en couleur, tout juste encadrées, sans passe-partout, des vues de maisons, de bâtiments, situés à la périphérie des villes (Tableaux, 1978-1982).
Sans personnages, ces prises de vue veulent "fixer un mouvement lent, celui de la terre, mais aussi celui de la décivilisation". De 1983 à 1987, il signe meubles et objets avec Bernard Bazile, sous le logo Bazile-Bustamante. Il poursuit ensuite un travail de sculpteur avec la série des Intérieurs, des "réminiscences d’objets découpés ayant rapport au corps" ou des Paysages, objets abstraits, reliefs muraux ou sculptures.
Il présente les Lumières (1987-1993), des photos de revues d’architecture des années 1930 et 1960, en noir et blanc, qu’il rephotographie et sérigraphie sur un plexiglas dont la transparence métamorphose la représentation, car il est tenu en avant du mur par quatre supports métalliques. Il utilise la même technique pour les Panoramas (2002), des dessins abstraits agrandis, reportés à l’encre sur plexiglas, qui lui permettent de "créer une relation nouvelle entre le mur et cet objet hybride qui n’est ni une peinture, ni une photographie, ni une sculpture, tout en relevant un peu de chacun de ces domaines".
Il montre encore, en superposition, des images en couleur de grandes villes et de leurs banlieues, comme Buenos Aires, Miami, Tel-Aviv ou les abords de lacs suisses. En 2003, des personnages apparaissent dans ses photographies : il réalise pour la Biennale de Venise Le Pavillon des Amazones, une "chapelle païenne", dans laquelle il mêle portraits photographiques, peintures et dessins abstraits sur plexiglas.
Jacinto Lageira écrit depuis toujours sur le travail de Jean-Marc Bustamante et a entre-pris, avec l’artiste,une analyse des différentes séries et une étude retraçant les rapports de Bustamante avec l’histoire de l’art, de la photographie, avec la philosophie ou encore l’actualité. A ce jour, aucune véritable monographie intégrant des éléments biographiques complets et une analyse précise de chacune de ses séries ne lui a été consacrée.
Ainsi, l’objet de cette publication est de faire un point complet ; elle est illustrée d’une très nombreuse iconographie établie avec la collaboration de l’artiste et d’un ensemble de photographies documentaires réunissant des points de vue sur ses expositions.

LOUIS ARAGON: LETTRES À ANDRÉ BRETON - GALLIMARD 2011

LOUIS ARAGON
LETTRES À ANDRÉ BRETON
Gallimard, 17 novembre 2011
collection Blanche

Ces quelque cent soixante-dix lettres sont la chronique d'une amitié passionnée puis violemment rompue, en même temps qu'elles jalonnent un moment essentiel de la modernité du XXe siècle.
Un premier ensemble réunit les lettres de 1918-1919, écrites du front, puis d'Alsace et de Sarre après l'armistice : médecin-auxiliaire jeté en première ligne, Aragon a vécu de près la tuerie mondiale, naufrage d'une civilisation d'où naît la révolte Dada. Ensuite affleure l'histoire agitée du groupe surréaliste, en particulier son entrée dans l'action politique en 1925. Enfin le "Congrès de Kharkov" de 1930 va sceller l'adhésion d'Aragon au communisme, et provoquer à terme sa rupture avec Breton.
Tant de noms au fil des pages témoignent d'une amitié née sous le signe de la littérature, et bientôt de sa critique radicale : Rimbaud puis Lautréamont, intercesseurs essentiels ; Gide et Valéry, tôt délaissés ; Apollinaire (sous un jour inattendu), Reverdy, "l'ange offensé" ; Soupault, le premier compagnon, puis Eluard, Desnos ; et les alliés incommodes Tzara, Picabia... Précieuses enfin sont les lettres où Aragon commente son esthétique, l'écriture du poème qu'il vient d'achever - ou analyse subtilement celui qu'il a reçu de Breton ; et celles où affleure déjà ce débat majeur entre eux, le roman.
Incisives, jamais apprêtées, ces lettres attestent la vérité de l'instant : à leur regard, on ne pourra plus écrire la vie d'Aragon ni lire son oeuvre tout à fait de la même façon.

ROBERTA DE MONTICELLI: LA QUESTIONE CIVILE - PALAZZO TURSI, GENOVA 28/2/2012

Testimoni liberi
ROBERTA DE MONTICELLI
LA QUESTIONE CIVILE
presentazione del volume, edito da Raffaello Cortina
Palazzo Tursi, Salone di rappresentanza
Via Garibaldi 9 - Genova
martedì 28 febbraio 2012, h. 18,00

Ci sono momenti in cui un uomo pensa che la sua vita non abbia valore. Ce ne sono altri in cui si pensa che non abbia più valore la vita di nessuno. Per molti di noi questo è un momento come il secondo. È questo, vivere oggi in Italia. È questa l’erosione di speranza, di coraggio e di slancio creativo a ridurre in cenere i nostri giorni. E forse a ridurre anche la crescita del PIL.

Roberta De Monticelli insegna Filosofia della persona all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Nelle nostre edizioni ha pubblicato, con grande successo, La questione morale (2010).

domenica 26 febbraio 2012

WHITNEY BIENNIAL 2012 - NEW YORK



WHITNEY BIENNIAL 2012
curators: Elisabeth Sussman and Jay Sanders
Whitney Museum of American Art
945 Madison Avenue at 75th Street - New York City
27/2/2012 - 10/6/2012

Sculpture, painting, installations, and photography—as well as dance, theater, music, and film—will fill the galleries of the Whitney Museum of American Art in the latest edition of the Whitney Biennial. With a roster of artists at all points in their careers—younger and older emerging artists, others at midcareer, and some who are well- established—the Biennial provides a look at the current state of contemporary art in America.
This is the seventy-sixth in the ongoing series of Biennials and Annuals presented by the Whitney since 1932, two years after the Museum was founded.

The 2012 Biennial takes over most of the Whitney from March 1 through May 27, with portions of the exhibition and some programs continuing through June 10. The participating artists were selected by Elisabeth Sussman, Curator/Sondra Gilman Curator of Photography at the Whitney, and Jay Sanders, a freelance curator and writer who has spent the past ten years working both in the gallery world and on independent curatorial projects. The process of researching and planning for the show began in early December 2010. Sussman and Sanders co-curated the Biennial’s film program with Thomas Beard and Ed Halter, the co-founders of Light Industry, a venue for film and electronic art in Brooklyn.
The Whitney’s fourth-floor Emily Fisher Landau Galleries will become a dynamic 6,000-square foot performance space for music, dance, theater, and other events. This is the first Whitney Biennial in which nearly a full floor of the Museum has been given over to a changing season of performances, events, and residencies.
Curators Sussman and Sanders remarked: “Taking the pulse of the time through the immediate experience of art is what the Whitney Biennial is all about. It’s important to us to present not only the visual arts, but also performance, film, and music. As curators, we had a shared notion of this expanded field of the arts that was one of the things that made it natural for us to work together. And while the performing artists in the show may fall into defined categories—dance or theater or the like—we think many of them have a lot of connecting points and dialogue with the visual arts—it’s a discourse that’s out there. What else did we discover? A number of artists are functioning as researchers and curators, drawing on the histories of art, design, dance, music, and technology. Artists are bringing other artists into their work—a form of free collage or reinvention that borrows from the culture at large as a way of rewriting the standard narratives and exposing more relevant hybrids. There is also the radical production of new forms, fabrication on a more modest scale. Artists are constantly redefining what an artist can be at this moment and this Biennial celebrates that fact.”
Donna De Salvo, the Whitney’s Chief Curator and Deputy Director for Programs, commented: “Elisabeth and Jay have turned out to be a natural fit. Throughout many months of research, travel, and preparation for the exhibition, it has become clear that this is a collaboration in the truest sense of the word. Their curiosity and openness to a range of artistic approaches across disciplines will, we believe, result in a Biennial characterized by a sense of the immediate, but informed by the richness of what has come before.”

The 2012 Biennial comprises work by fifty-one artists. Among them are painters Jutta Koether, Nicole Eisenman, and Andrew Masullo; sculptors Vincent Fecteau and Matt Hoyt; playwright and theater director Richard Maxwell; musicians Alicia Hall Moran and Jason Moran, as well as the rock band The Red Krayola; the choreographers Michael Clark and Sarah Michelson; installation artists Nick Mauss, Tom Thayer, and Michael E. Smith; filmmakers such as Kelly Reichardt, Thom Andersen, Matt Porterfield, Laura Poitras, and Michael Robinson; and photographers LaToya Ruby Frazier and Liz Deschenes. The complete list of Biennial artists follows, including dates and times of residencies, performances, screenings, and events.
A Closer Look The breakdown of boundaries between art forms is everywhere in evidence. Lutz Bacher’s work involves an installation with a video projection and thousands of baseballs, framed pages from The Celestial Handbook, and a musical instrument made using a Yamaha organ and pipes.
Collaborators Gisèle Vienne, Dennis Cooper, Stephen O’Malley, and Peter Rehberg are installing Vienne’s animatronic puppet of a young boy that recites a dialogue written by Cooper. German-born artist Kai Althoff is creating an installation, as well as performing in a play by Yair Oelbaum that will be presented during the third week of May. Moyra Davey’s work includes a film and two series of photographs sent in the mail, complete with postage stamps and tape. Los Angeles-based performer/filmmaker Wu Tsang will screen the film WILDNESS (2012), documenting the convergence of two disparate cultures at an LA bar that serves as a social space for transgender Latinas, as well as creating an installation on the fourth floor that functions as a green room.
In addition to a series of photographs and sculptures, the New York-based artist K8 Hardy, whose work crosses many lines from film and photography to fashion (she created FashionFashion zine and co-founded the queer feminist art collective LTTR), will present a full- fledged fashion runway show on Sunday, May 20. In residence in the Museum’s galleries from April 25 to 29, Richard Maxwell, the artistic director of New York City Players, will conduct open rehearsals toward a new play; Maxwell is currently collaborating with the Wooster Group on a compendium of early works by Eugene O'Neill at St. Ann’s Warehouse.
Forrest Bess (1911-1977) was a painter/fisherman who exhibited his work in New York yet lived in poverty and isolation off the Gulf Coast of Texas. Bess developed elaborate theories about the uniting of the male and the female within his own body, and performed operations on his own genitals that turned him into a pseudo-hermaphrodite. In his lifetime, Bess wanted to exhibit his medical theories alongside his paintings, but his longtime dealer, Betty Parsons, always politely declined. For the Biennial, sculptor Robert Gober, working from Bess's letters, curates a room of paintings and archival materials that realizes Bess's wish. Gober recently curated the Charles Burchfield retrospective at the Whitney in 2010.
The young Detroit-based artist Kate Levant, who hosted a blood drive at Zach Feuer Gallery in 2009 and 2010, will be hanging a sculpture made of found and reworked materials, while Sam Lewitt, a graduate of the Whitney Independent Study Program, is doing a piece that involves magnetic liquid (ferrofluid) on the gallery floor. Nick Mauss is creating an installation where visitors enter a three-walled space covered in velvet tapestry, inspired by the antechamber designed for Guerlain by artist/stage designer/fashion illustrator/cultural force Christian Bérard; also on view will be a selection of works chosen by Mauss from the Whitney’s collection. Werner Herzog looks back in time at the etchings of the Dutch landscape painter and printmaker Hercules Segers (c.1589-c.1638) in a multi-media installation that includes projections of Segers’s work and music by Ernst Reijeseger, who has also composed music for Herzog’s films; excerpts are included from Herzog’s own Ode to the Dawn of Man (2011), a film about the making of the music for his Cave of Forgotten Dreams (2011), winner of this year’s award for Best Documentary from the New York Film Critics Circle. Lucy Raven will present a media work in the galleries along with a player piano that will play at certain times.
The choreographer Sarah Michelson has had work commissioned by BAM, PS 122, Walker Art Center, and the Lyon Opera Ballet, and was Associate Curator of Dance at The Kitchen. Michelson’s Biennial project—a site-specific work, commissioned by the Whitney, that has been conceived in direct response to the Whitney’s Breuer building—involves live activation and scheduled performances as part of a daily residency at the Museum from March 1 to 11. British choreographer/dancer Michael Clark, known for his legendary collaborations with Body Map, Leigh Bowery, The Fall, Wire, and Sarah Lucas, among others, inaugurated his first US- based venture, Modern Dance Club, in late 2011. Under Clark's artistic direction, Modern Dance Club's first commission will be a four-week residency at the Biennial with associated performances by the Michael Clark Company. Composed specifically for the Whitney, Clark’s work, which mixes professional and non-professional dancers, will be seen in open rehearsals (March 14-25) and performances (March 29-April 8) as part of a daily residency during Museum hours. The scheduled performances by Clark and Michelson are free with Museum admission, but special entry tickets are required. Advance purchase via whitney.org, beginning February 10, is strongly suggested.

From May 9 to 13, a series of concerts will be presented by soprano Alicia Hall Moran (currently understudying Audra McDonald in the Broadway production of Porgy and Bess) and jazz pianist Jason Moran. The couple—who have collaborated with artists Kara Walker, Glenn Ligon, Joan Jonas, Simone Leigh, and Liz Magic Laser—will give performances with a number of guests whom they have invited to participate. The artist and political activist Georgia Sagri will be presenting Working the No Work, an ongoing installation and sixteen scheduled performances exploring issues around labor and leisure in a capitalist society. The experimental rock band The Red Krayola, founded in Texas in 1966, will present a concert and premiere an opera written in collaboration with the British conceptual art group Art & Language; they will also have an ongoing installation that includes a virtual portal offering archival audio and video material as well as two-way direct communication with the band. Performance artist/musician Dawn Kasper will take up residency at the Museum throughout the run of the Biennial, moving her studio into the third-floor galleries and using the space to conduct her work-life as usual.
Film is a vital presence in the show. Most of the filmmakers will receive week-long runs of their work in the second-floor Kaufman Astoria Studios Film & Video Gallery. Conversations between filmmakers and film critics, writers, and the film program’s co-curators Thomas Beard and Ed Halter will take place most Sunday afternoons at 4 pm.
Beard and Halter remarked: “Since the 1970s, the Whitney Biennial has been one of the very few major events where new developments in film and video can be seen alongside those in contemporary art. Working with Elisabeth and Jay, we endeavored to bring together important works from the whole range of cinema as it exists in America today, from experimental film to documentary to feature filmmaking, as a means of expanding the dialogue between cinema, visual art, and performance.”
Two films by Thom Andersen, Los Angeles Plays Itself (2003) and Get Out of the Car (2010), will be screened: the first is a nearly three-hour compilation of footage meditating on the history of Los Angeles’s portrayal of itself in cinema; the second looks at the contemporary city from its streets in footage shot by Andersen. Charles Atlas, who has worked in video, film, performance, and installation, will screen a film, Ocean, which documents a Merce Cunningham Dance Company performance in a Minnesota granite quarry, followed by a week-long installation of music and live video performance in mid-April. Atlas is also contributing to Michael Clark’s Biennial dance project and collaborating with composer William Basinski on a number of performances.
Detroit-born artist/curator/critic Mike Kelley, who died in Los Angeles on February 1, is represented in the Biennial with three films relating to his public art project Mobile Homestead, which comments on Detroit’s social history. Kevin Jerome Everson, whose films on African- American life in the American heartland were shown in a solo exhibition at the Whitney in 2011, is represented with Quality Control, a film about the daily rhythms of work at a dry cleaning establishment in Alabama. Jerome Hiler’s technique in creating Words of Mercury (2011) involved shooting elaborate superimpositions in camera; the silent 25-minute film, which takes its title from the end of Love’s Labour’s Lost, was shown at the 2011 NY Film Festival in the Views from the Avant-Garde section. Nathaniel Dorsky will show three films—Compline (2010), Aubade (2010), and The Return (2011)—in a rotating film program; The Return was selected by Times critic Manohla Dargis as one of the best films of 2011.
The late George Kuchar (1942-2011), one of America’s leading underground filmmakers and the subject of a recent survey at MoMA PS1, is represented by a generous selection from his Weather Diaries series. Laura Poitras, the documentarian whose My Country, My Country (2006) was nominated for an Academy Award, an Emmy, and an Independent Spirit Award, is presenting The Oath (2010), the second film in her trilogy about America after 9/11. Working between documentary and narrative realism, filmmaker Matt Porterfield will show his second feature, Putty Hill (2011), conceived and shot in twelve days, a portrait of a close-knit working- class community on the outskirts of Baltimore. Michael Robinson’s work melds original and pop culture sources, blending film and video to create lyrical narratives that are both opulent and restrained.
Other filmmakers in the exhibition include the dean of documentary practitioners, Frederick Wiseman, with Boxing Gym (2010); the experimental filmmaker Luther Price, who paints directly on found footage and is also represented with his slides in the galleries; the Spanish-born experimental filmmaker Laida Lertxundi; and award-winning indie filmmaker Kelly Reichardt, whose Oregon trilogy (2006-10) includes Old Joy, Wendy and Lucy, and Meek’s Cutoff, which will be screened consecutively for a week.

Included in the Biennial is a wide range of work by artists using traditional techniques such as painting, sculpture, and photography. Matt Hoyt, whose work was recently exhibited at Bureau, will show small groups of sculptures that look like found objects but are actually painstakingly handcrafted, arranged on wooden shelves. Vincent Fecteau will show a new series of small painted abstract sculptures. Jutta Koether, a painter who is also a writer, performing artist, musician, and critic, will hang four of her paintings on glass walls. Numerous colorful paintings by Andrew Masullo will be exhibited. Nicole Eisenman will present three recent paintings and a series of monotypes, a new body of work that is focused on portraiture.
Mixed media installations will be done by Tom Thayer and Michael E. Smith, an emerging Detroit-based artist who frequently uses everyday and industrial materials that are drastically transformed, and Oscar Tuazon will show a large sculpture that becomes a runway for K8 Hardy’s fashion show. Elaine Reichek will show hand-embroidered and digitally-embroidered linen and a tapestry. Vincent Gallo will present Promises Written on Water. Artists working with the written word include John Kelsey and Andrea Fraser, whose catalogue essay, along with another essay, will be available for download from the Whitney website.
LaToya Ruby Frazier will show works from her portfolio Campaign for Braddock Hospital (Save Our Community Hospital) as well as works from two other series of photographs, Landscape of the Body and Homebody. Cameron Crawford is presenting mixed-media sculptures and a semi-transparent “invisible” curtain made of monofilament. Richard Hawkins will show two paintings and a collage series inspired by the work of Tatsumi Hijikata, the Japanese performer and choreographer known as the creator of butoh. Joanna Malinowska’s work includes a video, a sculpture, and a painting by jailed Native American Leonard Peltier. Conceptual artist John Knight is creating a work in situ in the Museum’s Sculpture Court. Liz Deschenes will show two groups of large photograms that address the architecture of the Whitney’s Breuer building.

Curatorial Collaborations
In addition to the artists listed above, the 2012 Biennial will present special curatorial collaborations with two other arts organizations:
Arika
Arika, a UK-based group that organizes festivals of experimental music, moving image, and sound is presenting their first North American program, A survey is a process of listening, as part of the 2012 Biennial. The collaboration takes the form of a week of performances, workshops, and conversations from May 2 to 6 that will capture interesting threads in North American listening, including contemporary poetry, noise, music, and intellectual discourse. Visit www.arika.org.uk or whitney.org for more information.
Artists Space Books and Talks
As a curatorial programming partner of 2012 Biennial, Artists Space Books and Talks in Tribeca, at 55 Walker Street, will be the site of a weekly program on Monday and Tuesday evenings, curated by Artists Space, focusing on key concerns in the work of the exhibiting artists, as well as in the Biennial as a whole. For more information, visit www.artistsspace.org.
The fourth floor performance events involve the artistic collaboration of Bentley Meeker.

Catalogue
Whitney Biennial 2012
Edited by Elisabeth Sussman and Jay Sanders
The catalogue features an insightful conversation between Elisabeth Sussman and Jay Sanders with contributions from Thomas Beard and Ed Halter, co-curators of the film and video program, and short texts by Arika and Artists Space; an exchange between Whitney director Adam D. Weinberg and writer Eric Banks about the 2012 Biennial and how it relates to Biennials past; as well as essays by contemporary art historians and critics David Joselit, Andrea Fraser, and John Kelsey (the latter two of whom are also participating artists). In addition, much of the catalogue is devoted to original visual and text-based contributions from each of the participating artists, supplemented by essays, transcribed conversations, artwork, poetry, and fiction from their chosen collaborators, including Alex Abramovich, Andrew Berardini, Charles Bernstein, Nellie Bridge, Daphne A. Brooks, Dennis Cooper (also a participating artist), Lia Gangitano, Bruce Hainley, Kent Jones, David Joselit (also a catalogue essayist), Sarah Lehrer-Graiwer, Dennis Lim, Sam Lipsyte, Dave Miko, Jed Oelbaum, Matthew Papich, Leonard Peltier, Guthrie P. Ramsey Jr., Ariana Reines, Martha Rosler, Simpson/Meade, Laurie Weeks, and Matthew S. Witkovsky. The book is distributed by Yale University Press, New Haven and London.

OLIVER RESSLER: ARTE, POLITICA, MOVIMENTI - MEDIONAUTA, MILANO 27/2/2012



OLIVER RESSLER
ARTE, POLITICA, MOVIMENTI
Medionauta
via Giulio Confalonieri 2 - Milano
lunedì 27/2/2012, h. 21,00

Lunedi 27 febbraio 2012, ore 21.00 ARTE, POLITICA E MOVIMENTI Oliver Ressler incontra l'Isola e i Lavoratori dell'Arte seguito da una performance collettiva con le Seed Bombs di Public Works, Londra Aperitivo con 5 video (Bar Clips) di Thomas Hirschhorn 17.00 -20.30 alla Cantinetta, Piazzale Archinto 7 (in collaborazione con Tirana Art Center, con il contributo di Luciana Andreani)
La serata ha inizio alle ore 17.00 presso La Cantinetta, Piazzale Archinto 7, con una video proiezione di Thomas Hirschhorn, a cura di Fani Zguro e realizzata in collaborazione con Tirana Art Center, dal titolo 5 Bar Clips: Robert Walser Video, Thank You, La cuisine des mousquetaires, For Nelson Mandela (Biko), I Will Win. I video sono stati concepiti dall'artista nel 1995 per essere appunto mostrati in un bar e non in uno spazio dedicato all'arte e saranno fruibili fino alle 20.30.
Alle ore 21.00 l'appuntamento è in via Confalonieri 2 presso Medionauta, dove Isola Art Center propone un'incontro con Oliver Ressler sulle modalità di espressione del linguaggio artistico che agisce all'interno delle lotte politiche. La relazione fra Isola Art Center e Oliver Ressler è di lunga data. Comincia nel 2006, quando nel contesto della mostra The People's Choice curata da Marco Scotini, l'artista realizzò due wallpaper per la Stecca degli artigiani. Successivamente, il primo maggio 2010 nel quartiere Isola venne organizzata la proiezione del suo film, realizzato con Dario Azzelini. "Comuna under construction" incentrato sull'auto-organizzazione dei lavoratori in Venezuela. Artista e curatore, Oliver collabora spesso con altri artisti e attivisti su temi come capitalismo, colonialismo, razzismo, repressione e sospensione dei diritti democratici.

"La pratica multidisciplinare di Ressler riconduce sempre ad una zona di indecidibilità tra estetica e politica", scrive Marco Scotini. Il lavoro dell'artista non si limita alla denuncia delle ingiustizie e ineguaglianze della società attuale, ma si interessa anche alle lotte di movimento per un cambiamento reale, prendendo chiaramente posizione per il "progetto di una trasformazione rivoluzionaria della società" da parte della "moltitudine dei poveri", come in Resist to Exist, realizzato nel 2011 a Copenhagen. Alla presentazione di alcuni lavori di Oliver Ressler seguirà un dibattito aperto sulle modalità di espressione degli artisti all'interno di movimenti politici e sulle sperimentazioni di linguaggio. La discussione, moderata da Daria Carmi, si propone di attuare un confronto pubblico su queste tematiche in relazione al contesto milanese attuale, in particolare rispetto alla prassi della lotta del quartiere Isola contro l'urbanistica neo-liberale e alle pratiche dei Lavoratori dell'Arte.
La serata si concluderà con un'azione collettiva, il lancio delle Seed Bombs (letteralmente 'bombe di semi') nell'area di Via Pepe, area per cui si sta lottando come Isola Pepe Verde (residenti che da anni sono impegnati nella progettazione e realizzazione di un parco nell'area), per la restituzione alla cittadinanza di uno spazio verde comunitario.
Le Pepe Seed Bombs sono state prodotte dal collettivo Public Works di Londra per il quartiere Isola e già esposte da Isola Art Center nella mostra Green Desire a ottobre 2011.

ENRICO STURANI: LA CULTURA DELLE QUISQUILIE - BIBLOHAUS 2011

ENRICO STURANI
LA CULTURA DELLE QUISQUILIE
Un cartolinaro al minbencula
Biblohaus, 1/9/2011

La collezione di cartoline, come ogni altra, è al tempo stesso un sintomo e una cura. Forse non a caso, quando il CNR francese fece un'inchiesta sui collezionisti, tra le tantissime domande cui invitava a rispondere, c'era: "Ritenete che uno psicanalista possa essere utile a meglio comprendere la vostra passione?". I più risposero sì. Come spesso capita di notare, soggetto e oggetto di passione finiscono per identificarsi: quante volte si notano anziani coniugi che paiono fratelli, oppure pensionati che hanno assunto la stessa espressione del loro cocker. Quanto ai collezionisti, già Sterne aveva notato che finiscono per prendere i caratteri del collezionato: il lepidotterologo si farfallizza, l'appassionato di violino si violinizza. In effetti la collezione è una sorta di proiezione esterna del proprio Io, una specie di protesi psichica.

PABLO ECHAURREN: GLI INTROVABILI - BIBLOHAUS 2011

PABLO ECHAURREN
GLI INTROVABILI
Futurismo shock
Biblohaus, 1/6/2011

"Artista, collezionista e scrittore; e anche in quest'ultima prosa ce ne fornisce una prova evidente, fin dal titolo. Dice infatti Echaurren, con piglio da filologo: un oggetto introvabile non può esserci, per definizione: il fatto stesso che esista lo rende per forza di cose reperibile. E quindi, tutte le volte che in un catalogo di una libreria antiquaria si imbatte nell'aggettivo, si ribella: come fa un testo a essere introvabile se nello stesso momento è lì, a disposizione? È una contraddizione ontologica, inaccettabile da qualsiasi persona di buon senso. Fin qui, nulla da eccepire: è il discorso di chi, abituato a ragionare sul senso delle parole, ne individua subito un utilizzo improprio. Ma ecco farsi vivo il germe dell'ironia: un "a meno che" in grado di portare il ragionamento alle estreme conclusioni: nel caso, un libro sarà introvabile se non è mai esistito." (dalla prefazione di Andrea Kerbaker)

LE STAZIONI MARITTIME DI GENOVA, VIAGGI E PAESAGGI - STAZIONE MARITTIMA, GENOVA 27/2/2012



LE STAZIONI MARITTIME DI GENOVA
VIAGGI E PAESAGGI
presentazione del volume edito da SAGEP
Stazione Marittima - Salone di 1a classe
Ponte dei Mille - Genova
lunedì 278 febbraio 2012, h. 17,00

Oggi alle ore 17.00 presso il Salone di Prima Classe della Stazione Marittima di Ponte dei Mille a Genova verrà presentato il volume “Le Stazioni Marittime di Genova. Viaggi e passaggi - The Maritime Stations of Genoa. Travels and passages” (Sagep Editori). Interverranno Ferdinando Lolli (presidente Stazioni Marittime Spa), Edoardo Monzani (amministratore delegato Stazioni Marittime Spa), Danilo Cabona (ISCUM - Istituto di Storia della Cultura Materiale), Matteo Fochessati (Wolfsoniana), Anna Castellano (presidente Sagep Editori) e Luigi Leone (“Il Secolo XIX”).
La Stazione Marittima di Ponte dei Mille, inaugurata nell'ottobre del 1930, e quella di Ponte Andrea Doria, realizzata alcuni anni dopo per meglio supportare l'intenso traffico navale, videro passare gli emigranti diretti verso “La Merica”, i passeggeri dei più famosi transatlantici della storia della marineria italiana, e anche molti personaggi del mondo della politica, della cultura e dello spettacolo: per fare solo alcuni nomi, Harry Truman, Orson Welles, Igor Stravinsky, Winston Churchill, Ernest Hemingway, Elia Kazan.
Il volume, curato da Stazioni Marittime Spa con l'ausilio di oltre 200 immagini storiche ed attuali e di testi accurati realizzati da Silvia Barisione, Danilo Cabona, Fabio Capocaccia, Matteo Fochessati, Edoardo Monzani, Enrico Pinna e Andrea Verdiani, racconta una storia di Genova vista attraverso una lente di ingrandimento particolare, che parte dal XIX secolo e si articola per tutto il '900.

sabato 25 febbraio 2012

TINTPORETTO - SCUDERIE DEL QUIRINALE, ROMA



TINTORETTO
a cura di Vittorio Sgarbi
Commissario Generale: Giovanni Morello
Coordinamento scientifico: Giovanni C. F. Villa
Scuderie del Quirinale
via XXIV Maggio 16 - Roma
dal 24/2/2012 al 10/6/2012

Jacopo Robusti (o Canal) detto il Tintoretto(1519-1594) è l'unico tra i grandi interpreti della pittura italiana del Cinquecento a non aver avuto fino ad ora, in Italia, una mostra monografica significativa. Se si esclude quella tematica, dedicata ai Ritratti, tenuta a Venezia nel 1994, l'ultima mostra sul grande maestro veneto risale al 1937, anche per l'obiettiva impossibilità di spostare i grandi teleri veneziani.
La mostra delle Scuderie del Quirinale si inquadra in quell'ampio programma di rivisitazione degli artisti che hanno reso unica la storia artistica del nostro paese: da Botticelli ad Antonello da Messina, da Bellini a Caravaggio e, più recentemente, a Lorenzo Lotto e Filippino Lippi.
Il percorso espositivo si concentra sui tre temi principali della pittura di Tintoretto: quello religioso, quello mitologico e la ritrattistica. Un'esposizione rigorosamente monografica, dunque, suddivisa in sezioni di poche opere scelte e capolavori indiscussi, che si apre e conclude presentando i due autoritratti, il giovanile del Victoria & Albert Museum di Londra e il senile del Louvre di Parigi. Sebbene in competizione con Tiziano, infatti, anche i suoi contemporanei gli riconobbero un "perfettissimo giudizio nei ritratti" e dalle maggiori collezioni internazionali ne arriveranno a Roma dei più famosi.
In mostra anche lo spettacolare Miracolo dello schiavo dipinto nel 1548 per la Scuola Grande di San Marco, opera che lo imporrà prepotentemente come uno dei protagonisti della scena veneziana, per concludersi con la Deposizione al sepolcro (1594), del Monastero di San Giorgio Maggiore, forse l'ultima opera in cui è possibile riconoscere la mano del maestro. Nel percorso espositivo, inoltre, opere celebrate e famose: da quella che viene considerata una delle sue prime riconosciute, Gesù tra i dottori (1542), concessa dal Museo diocesano del Duomo di Milano, a celebri capolavori come la Madonna dei Tesorieri e il Trafugamento del corpo di San Marco, ambedue dalle Gallerie dell'Accademia, la Santa Maria Egiziaca e la Santa Maria Maddalena, della Scuola Grande di San Rocco, oltre un inedito e strepitoso confronto tra l'Ultima Cena della veneziana chiesa di San Trovaso e quella, di cinque anni più tarda, della chiesa di San Polo, a celebrare uno dei temi prediletti dalle Scuole del Sacramento.
Accanto ai grandi teleri di impatto drammatico e dalla stesura fulminea e densa di tensione, si presentano al visitatore le opere di soggetto storico o mitologico, di grande intensità emotiva come, per esempio, due dei 14 ottagoni, raffiguranti Apollo e Dafne e Deucalione e Pirra, ora nella Galleria Estense di Modena, realizzati nel 1541 per il soffitto di Casa Pisani o la splendida Susanna fra i vecchioni dal Kunsthistorisches di Vienna.
Grande novità della mostra è poi rappresentata dal commento, sotto forma di testi di sala, di Melania Mazzucco, la scrittrice che ha dedicato a Tintoretto e allo studio del suo ambiente numerosi romanzi e pagine indimenticabili. Il suo racconto accompagnerà, infatti, il visitatore passo dopo passo, sala dopo sala.
Una mostra volutamente raccolta, dunque, di circa 40 dipinti (cui si affiancherà una sezione dedicata all'ambiente artistico contemporaneo al maestro veneziano) tutti di altissima qualità, provenienti da musei e collezioni internazionali, capaci di fornire al grande pubblico un approccio sintetico e significativo al percorso artistico di Jacopo Tintoretto. Quel 'praticon di man' come ebbe a definirlo una volta per sempre il critico d'arte suo conterraneo Boschin 'ma senza per nulla intendere diminuirlo', come sottolineava a sua volta il grande Longhi che lo descriveva come 'di natura geniale, grande inventore di favole drammatiche da svolgersi entro coreografie di luci ed ombre vibranti... Uno spettacolo continuo.'

JOHN CHAMBERLAIN - GUGGENHEIM MUSEUM, NEW YORK



JOHN CHAMBERLAIN
organized by Susan Davidson
Solomon R. Guggenheim Museum
1071 Fifth Avenue - New York
23/2/2012 - 13/5/2012

From February 24 to May 13, 2012, the Solomon R. Guggenheim Museum presents John Chamberlain: Choices, a comprehensive examination of the work of the late John Chamberlain and the first U.S retrospective since 1986. Comprising approximately one hundred works, John Chamberlain: Choices examines the artist’s development over a sixty-year career, exploring the shifts in scale, materials, and techniques informed by the assemblage process that was central to his working method. The exhibition presents works from Chamberlain’s earliest monochromatic iron sculptures and experiments in foam, Plexiglas, and paper, to his final large-scale foil pieces, which have never been shown in the United States. Chamberlain was first celebrated at the Guggenheim in a 1971 retrospective.
“One day something—some one thing—pops out at you, and you pick it up, and you take it over, and you put it somewhere else, and it fits. It’s just the right thing at the right moment. You can do the same thing with words or with metal,” Chamberlain has stated. Fit and choice have rightly become the guiding principles for Chamberlain’s work. His respect for the material’s inherent properties informs the multiplicity of his forms, the simplicity of his process, and the work’s complex underpinnings. The title of the Guggenheim’s exhibition pays tribute to the artist’s process of active selection, or choosing, that is fundamental to his practice.
Born in 1927 in Rochester, Indiana, Chamberlain (1927-2011) briefly studied painting at the Art Institute of Chicago (1951–52), and at the avant-garde Black Mountain College (1955–56), near Asheville, North Carolina, where he credited his time with teachers including poets Robert Creeley, Robert Duncan, and Charles Olson among the greatest influences on his work. He rose to prominence in the late 1950s with energetic, vibrant sculptures hewn from disused car parts, achieving a three-dimensional form of Abstract Expressionism that astounded critics and captured the imagination of fellow artists. An inveterate rebel, Chamberlain also violated the formalist prohibition deriding the use of color in sculpture. He chose to adapt uncommon, recycled materials in his work such as the slick, industrial palette of defunct auto bodies.
Chamberlain moved to New York in 1956, where he developed his particular method of assemblage, first using small found metal parts that quickly became larger welded versions of bent and twisted steel. Although he was originally influenced by the compilation methods of David Smith (who also relied on welding found metal parts), Chamberlain’s work soon showed a preference for voluminous and spatial masses. His astonishing, balanced sculptures stressed the deep volumes and eccentric folds that he managed to achieve by squeezing or compressing the metal and then welding the disparate elements into highly developed, collage-like compositions.
Equally conversant in a variety of materials, Chamberlain had not solely restricted his medium to automobile parts. For a seven-year period beginning in 1965, he returned to painting, using an enamel automobile finish to produce highly glossed, small-format square pictures; he ventured into writing and directing 16 mm films; and, fueled by his interest in science, he began an investigation into unusual materials such as urethane foam, aluminum foil, paper bags, and mineral-coated Plexiglas. Later, printmaking and photography (using a wide-angle camera attached at hip level) entered his artistic repertoire.
In addition to Abstract Expressionism, throughout his career, Chamberlain had been associated with both Minimalism and Pop. His works composed of “crushed automobile parts” in bright colors resonated with America’s fascination with consumer car culture, accordingly aligning him with the contemporary work of many Pop artists whose focus was on the object. On the other hand, for Donald Judd and his compatriots, Chamberlain’s sculptures embodied the neutral, redundant, and expressively structured tenants of Minimalism that sought to remove objectivity, inexpressiveness, and the referential. The attempts to place Chamberlain in such various, conflicting categories acknowledge the artist’s elusiveness and singularity. His tireless pursuit of discovery, his curiosity, and his intuitive process distinguished him as one of the most important American sculptors of our time.
Since returning in the mid-1970s to metal as his primary material, Chamberlain limited himself to specific parts of the automobile (fenders, bumpers, or the chassis, for example). He added color to––or in some techniques, subtracting color from––the found car parts by dripping, spraying, and patterning on top of existing hues to often-wild effect. This liberation and deep exploration of color reference Vincent van Gogh and Henri Matisse, two artists whose color sense he greatly admires. Beginning in the late 1980s, Chamberlain began using the discarded tops of custom vans, cutting them into long ribbons that he left unfurled, crumpled into undulating bands, or rolled into dense rosettes. The scale of his work increased dramatically at this time, aided in part by a significantly larger studio space in Sarasota, Florida, in 1980, and ultimately on Shelter Island, at the far end of Long Island, where he worked until the last days before his death in December 2011.
Over the last three decades, Chamberlain worked in varying ways within his basic artistic equation, but as his work matured, he moved toward more aggressive manipulations of form and color and away from crashed-car renown. Perhaps not intentionally, the deep folds of Chamberlain’s sculptures resemble Renaissance drapery studies that imply the underlying presence of a figure, or conversely, a void. His works throughout the 1990s and first years of the twenty-first century became increasingly volumetric, if not baroque, in their massing of form and vibrant color choice. However, in the last five years, the artist embarked on the production of a new body of work that demonstrates a decided return to earlier concerns. Among the largest works he ever made, these confidently monumental bonfires of metal, with their stacks of mostly horizontal and vertical crushed and rolled metal are drawn from a supply of 1940s and 1950s automobiles. The works’ elegant refinements and exponentially complex renderings exemplify his long-held artistic philosophy, “it’s all in the fit.”

Exhibition Installation
The exhibition encompasses John Chamberlain’s full range of sculptural production and is organized chronologically, spiraling up the Frank Lloyd Wright–designed rotunda. Relief sculptures and assemblages installed on the walls and on the ramps create opportunities to experience the work two-dimensionally as well as in the round. Doomsday Flotilla (1982), a seven-part work of painted and chromium-plated steel, is on view in the High Gallery, and SPHINXGRIN TWO (1986/2010), an aluminum arc reaching up to 16 feet, is installed on the rotunda floor and marks the first time a work from this series has been shown in the United States. C’ESTZESTY (2011), a nearly 20-foot-tall work of painted and chromium-plated steel and stainless steel will be placed along the Fifth Avenue facade of the museum, allowing passersby a view from the street. A foam sculpture carved to resemble and serve as a couch for visitors, which occupied the rotunda floor during the 1971 retrospective, will be re-installed on Rotunda Level 6.

Catalogue
John Chamberlain: Choices is accompanied by a fully illustrated, 248-page catalogue offering a rich and thorough examination of the artist’s work and career. In addition to an introductory essay by exhibition curator Susan Davidson that explores Chamberlain’s early career and underlying scientific approach to his art, the book features a historic overview of Chamberlain’s work by art critic and author Dave Hickey. An essay by art historian Adrian Kohn reviews the scholarly literature produced thus far on Chamberlain’s work and examines the ways in which language is used to describe the artist’s works. In a reflective piece about abstract sculpture, Conceptual artist Charles Ray considers Chamberlain’s influence on younger artists, and Donna De Salvo, Whitney Museum of American Art chief curator and deputy director for programs, considers the artist’s photography in relation to sculpture. Solomon R. Guggenheim Museum assistant curator Helen Hsu contributes the first in-depth chronology produced for the artist, including a complete exhibition history, and independent scholar Don Quaintance offers a lexicon providing background and context for Chamberlain’s witty and imaginative titles. The catalogue is available in hardcover ($65) and softcover ($45) editions at the Guggenheim Store or online at guggenheimstore.org, and is distributed to the trade by Artbook | D.A.P and Thames & Hudson.

FRANCA D'AGOSTINI: I MONDI COMUNQUE POSSIBILI - BOLLATI BORINGHIERI 2012

FRANCA D'AGOSTINI
I MONDI COMUNQUE POSSIBILI
Logica per la filosofia e il ragionamento comune
Bollati Boringhieri, 23/2/2012
collana "Nuova didattica"

La logica, in un significato tradizionale ma ancora plausibile dell’espressione, è l’arte del ragionamento, ossia del processo per cui deriviamo conclusioni da premesse. Non sempre ce ne rendiamo conto, ma i ragionamenti (buoni o cattivi) guidano tutti gli istanti della nostra vita. Non è necessaria la logica per ragionare, ma a volte qualcosa non funziona, e un ragionamento che sembra ottimo in realtà nasconde un’insidia. In questo senso la logica, l’arte di distinguere i buoni ragionamenti, diventa di primaria importanza, specie in democrazia, in cui le parole, i discorsi, gli argomenti, decidono le scelte pubbliche, vincolanti per tutti. Facendo sempre riferimento al linguaggio naturale, e ricorrendo a una fitta esemplificazione tratta dall’esperienza comune (scientifica, politica, esistenziale, morale) Franca D’Agostini offre un’immagine della logica tecnicamente accurata, ma inedita: non come una rigida disciplina che ci vieta di pensare liberamente, ma come un variegato repertorio di regole classiche e non classiche, che ci orientano nell’esplorazione delle possibilità. Ragionare infatti, sottolinea D’Agostini, significa sempre valutare situazioni e mondi possibili: considerare ciò che esiste, e come potrebbe essere diversamente da come è. Ragionare bene significa allora aprire, rendere duttile e consapevole, la nostra considerazione del mondo. È questo il primo passo per diventare «filosofi», in un senso socratico del termine: ossia cittadini intellettualmente liberi, capaci di scelte critiche e innovative.

Franca D’Agostini insegna Filosofia della scienza al Politecnico di Torino e Logica ed epistemologia delle scienze sociali all’Università Statale di Milano. Collabora alla «Stampa», al «manifesto» e al «Fatto Quotidiano». Tra i suoi saggi: Analitici e continentali. Guida alla filosofia degli ultimi trent’anni (1997), Logica del nichilismo. Dialettica, differenza, ricorsività (2000), Disavventure della verità (2002), Le ali al pensiero. Corso di logica elementare (2003), The Last Fumes. Nihilism and the Nature of Philosophical Concepts (2008) e Paradossi (2009). Presso Bollati Boringhieri ha pubblicato Verità avvelenata. Buoni e cattivi argomenti nel dibattito pubblico (2010) e Introduzione alla verità (2011).

CHIARA BOTTICI, FILOSOFIA DEL MITO POLITICO - BOLLATI BORINGHIERI 2012

CHIARA BOTTICI
FILOSOFIA DEL MITO POLITICO
Bollati Boringhieri, 23/02/2012
collana "Nuova cultura"

Secondo alcuni grandi modelli teorici, l’agire politico sarebbe un’interazione tra individui razionali guidata da procedure condivise di comunicazione e decisione. La prassi osservabile però smentisce tale paradigma, forse ideato per un mondo possibile, ma certo con scarsi riscontri in quello esistente. La storia del Novecento e la politica contemporanea offrono infatti esempi eloquenti del peso che l’elemento a-razionale esercita sull’azione collettiva. Simboli e miti appartengono a questa dimensione, ne sono anzi la sostanza stessa, anche se nelle società democratiche la loro dinamica talvolta è meno appariscente che nelle liturgie totalitarie o nelle ritualità delle comunità tradizionali a dominante religiosa. Al mito, in particolare, va riconosciuta una insostituibile centralità: potenza mobilitante che opera attraverso simboli, è l’oggetto privilegiato di schiere di studiosi, tanto da diventare – sostiene uno di loro – una sorta di specchio magico in cui ciascuno trova ciò che gli è più familiare, i linguisti un mondo di segni, gli psicologi il precipitato dell’inconscio, gli antropologi una narrazione atavica, i filosofi l’opposto del pensiero o la sua forma primitiva. Se una simile, specialistica proiettività ha alimentato una letteratura sconfinata, poco di rilevante è stato detto finora sul mito politico in sé. Chiara Bottici lo ripercorre dall’antichità a oggi e, all’interno del quadro sistematico del suo sviluppo, per la prima volta ne elabora una teoria non sussidiaria di altre discipline, oltrepassando la vecchia, e ormai inutilizzabile, opposizione tra bando illuministico e riabilitazione romantica. Nel bene e nel male, la politica non può fare a meno del mito, perché è il prodotto e il produttore di identità collettive. Si tratta allora di conoscerlo a fondo, per metterne a frutto la ricca significatività ed evitarne le sottili insidie.

Chiara Bottici ha insegnato Teoria politica alla Goethe Universität di Francoforte ed è attualmente assistant professor in Filosofia presso la New School for Social Research di New York. Tra i suoi saggi: Men and States. Rethinking the Domestic Analogy in a Global Age (2009), The Myth of the Clash between Civilizations (con Benoît Challand, 2010) e Imagining Europe. Myth, Memory and Identity (2011).

EMANUELE LUZZATI: L'INVENZIONE DELLA FORMA - MUSEO LUZZATI, GENOVA



EMANUELE LUZZATI
L'INVENZIONE DELLA FORMA
dal design allo spazio urbano
Museo Luzzati
Porta Siberia - Porto Sntico - Genova
dal 23/2 al 6 maggio 2012

Emanuele Luzzati: l’invenzione della forma dal design allo spazio urbano, una mostra dedicata all’arte di Luzzati messa al servizio dell’uso quotidiano o sviluppata in extralarge, che esce dallo spazio del teatro, dalle pagine dei libri o dagli schermi cinematografici per occupare le piazze, le facciate delle case, i parchi.
Il percorso espositivo illustra e documenta le fasi di ideazione e realizzazione di grandi opere come il Parco del Flauto Magico di Santa Margherita e quello di Rio Gamberi a Castelnuovo Rangone, la progettazione e il decoro di un intero quartiere per Coriandoline di Correggio, senza dimenticare l’allestimento scenografico per Presepe di Piazza Castello e Piazza Carlo Felice di Torino o la grande parete trasparente piena di sue immagini e personaggi realizzata per l’Abbazia di Farfa. La mostra ripercorre poi attraverso bozzetti, fotografie e pezzi originali quel lavoro di arte applicata che Luzzati ha realizzato per luoghi e oggetti specifici: le piastrelle e i bassorilievi in ceramica per l’arredo di appartamenti, negozi, banche e portoni, le stoffe e gli oggetti realizzati per lo studio Firma o per Latte Tigullio

venerdì 24 febbraio 2012

CARL OTTO HULTEN - MODEERNA MUSEET, MALMOE




CARL OTTO HULTEN
Curators: Magnus Jensner and Thomas Millroth
Moderna Museet
Gasverksgatan 22 - Malmoe
25/2/2012 - 27/5/2012

CO Hultén has played a key role in Swedish art history. This exhibition, which spans several decades, focuses on his intense paintings, but will also feature works from CO Hultén’s extensive private collection of African sculptures and masks.
As a central figure in the avant-garde group Imaginisterna (The Imaginists), formed in 1945, CO Hultén has played a key role in Swedish art history. In 1948, he joined the Cobra group, which also included Asger Jorn.
In addition to featuring CO Hultén’s vibrant paintings, the exhibition will highlight Hultén’s career as a designer and founder of Image förlag. To put CO Hultén’s oeuvre in context, other artists will also be presented, including members of the Imaginists, Cobra and artists who exhibited at Galerie Colibri in Malmö or were closely associated with CO Hultén in other ways.
On the opening day of the exhibition, 25 February at 3 pm, curator Magnus Jensner and Thomas Millroth will give a guided tour of the exhibition. In Swedish.

GIANLUIGI TOCCAFONDO - CORRAINIMAMBO, BOLOGNA



GIANLUIGI TOCCAFONDO
corrainiMAMbo artbookshop
via Don Minzoni 14 - Bologna
dal 25/2/2012 al 11/3/2012

In occasione di BilBolBul 2012 - Festival internazionale di fumetto, corrainiMAMbo artbookshop è lieto di ospitare la mostra di Gianluigi Toccafondo Rue Morgue.
Il Sedicesimo di Gianluigi Toccafondo, pittore, illustratore, cineasta di fama internazionale, propone al lettore un'incursione nelle cupe atmosfere ottocentesche evocate dal racconto di Edgar Allan Poe I delitti della Rue Morgue. Toccafondo reinterpreta uno dei testi più celebri del maestro del mistero, pubblicato per la prima volta nel 1841: un macabro duplice delitto in un appartamento parigino, feroce quanto inspiegabile, risolto soltanto dall'acume dell'investigatore Auguste Dupin.
Le sfumature lugubri del racconto sono trasposte in un inedito Sedicesimo in bianco e nero, costruito con veloci pennellate di china, tempere di diverse tonalità e sbavature di colore, che si affollano sulle pagine scandendo in immagini buie e concitate la torbida atmosfera del testo di Poe.
Con questo lavoro, realizzato per la rivista di Corraini "Un Sedicesimo", Gianluigi Toccafondo si accosta per la prima volta alla narrazione di una storia, illustrandola con le proprie tavole in maniera inedita e personale.
Al Corraini MAMbo artbookshop sono esposte le immagini in bianco e nero pubblicate nella rivista e alcuni disegni inediti della stessa serie.

Gianluigi Toccafondo nasce a San Marino nel 1965. Studia all’Istituto d’Arte di Urbino. Dal 1989 realizza cortometraggi di animazione, sigle televisive (Tunnel, Stracult), loghi animati per il cinema e spot pubblicitari (Fandango, Sambuca Molinari, Biennale di Venezia, Cineteca di Bologna), copertine e libri illustrati.
Nel 2007 è stato l’aiuto regista di Matteo Garrone per il film Gomorra. Nel 2010 realizza i titoli animati per il film Robin Hood di Ridley Scott.
Nel 2011 pubblica per Logos Pinocchio, un libro e un dvd di animazione in cui reinterpreta il classico di Collodi.
Espone le sue opere in importanti mostre e collabora a riviste culturali e d’arte. Suoi disegni sono stati pubblicati da: Fandango, Einaudi, Mondadori, Little More, Giunti, Pulcinoelefante, Salani, Feltrinelli. Ha collaborato con le riviste: "Linea d’ombra", "Lo straniero", "Internazionale", "Mano", "Abitare", "Teléma", "Macramè", "Diario". Vive a Bologna.

ANNA MARIA MONTEVERDI: NUOVI MEDIA, NUOVO TEATRO - FRANCO ANGELI 2011

ANNA MARIA MONTEVERDI
NUOVI MEDIA, NUOVO TEATRO
Teorie e pratiche tra teatro e digitalità
prefazione di Oliviero Ponte di Pino
Franco Angeli, 26/8/2011
collana "Mediacultura. Saggi"

Nuove frontiere per il teatro si aprono grazie alle caratteristiche di immersione, integrazione, ipermedialità, interattività, narratività non lineare propri del sistema digitale: dall'evoluzione nel web delle performance alla creazione di ambienti teatrali interattivi, all'elaborazione di una nuova drammaturgia multimediale. Nella prospettiva di una networked culture il palcoscenico è solo uno dei possibili teatri dell'azione performativa: la scena può estendersi (spazialmente e temporalmente) in più ambienti interconnessi, dalle piattaforme multitasking dove diverse applicazioni possono operare contemporaneamente, alle community web e alle diverse reti telematiche, in una strategia di territorializzazione multipla che non ha precedenti. Il libro percorre le più fruttuose sperimentazioni italiane e internazionali (Dumb Type, Studio azzurro, Giardini Pensili, Fortebraccio teatro, Motus, Big Art Group, Robert Lepage, Xlabfactory) e le linee teoriche più avanzate relative ai media studies.

SAGOME INQUIETE - PANINI 2011

ROBERTO ALESSANDRINI (a cura di)
SAGOME INQUIETE
Panini, 20/7/2011

Il tema dell’ombra affascina da sempre l’uomo e lo si incontra nelle arti figurative e letterarie di tutti i continenti. La cultura di massa e la “piccola stampa” non sono ovviamente rimaste immuni al fascino delle ombre, come dimostrano i materiali raccolti in questo volume, provenienti dagli archivi di Museo della Figurina di Modena: dalle ombre cinesi alle sagome grottesche ed espressive dei “Notgeld” il denaro d’emergenza della Repubblica di Weimar illustrato con storie popolari della città d’origine. E, ancora, ombre che rivelano la vera natura di chi le proietta, silhouette per lanterna magica e indovinelli visivi. Alle immagini si accompagna il testo critico del curatore Roberto Alessandrini, che inquadra il tema dell’ombra e delle silhouette nella storia dell’arte e della letteratura, collocando i materiali nel contesto storico e culturale che li ha prodotti. Completano il volume un excursus sull’ombra nei fumetti e le immagini e le immagini delle installazioni di Clemente Mingozzi, che ricostruiscono giochi di ombre e l’attrezzatura per realizzare le silhouette.