lunedì 28 luglio 2014

VALERIA BURGIO: WILLIAM KENTRIDGE - POSTMEDIABOOKS 2014




VALERIA BURGIO
WILLIAM KENTRIDGE
Postmediabooks, 6/2/2014

Più che una semplice monografia su William Kentridge, questo saggio analizza le sue opere focalizzandosi sui media e sulle tecnologie utilizzate: il risultato è una riflessione teorica sui linguaggi dell'arte che riconsidera il legame implicito tra la struttura della tecnologia e le potenzialità di senso in essa radicate. Le tecnologie pre-cinematografiche dello zootropio e del fenachistiscopio, le macchine anamorfiche, le forme di manipolazione della direzione e della velocità della pellicola cinematografica, il teatro delle ombre, la scatola nera e l'inversione della pellicola positivo<>negativo, la videoinstallazione multipla, sono tutti dispositivi che da una parte rimandano al passato della storia del cinema, dall'altra invitano a trovare un senso proprio nella loro struttura materiale. Il recupero di media arcaici funziona da agente di deviazione che esplora le virtualità insite nella tecnologia al momento della sua origine.

Valeria Burgio (Palermo, 1976) è docente di Teorie e linguaggi delle comunicazioni visive alla Libera Università di Bolzano e all'Università Iuav di Venezia. Dottore di ricerca in Storia e teorie delle arti, titolo conseguito tra la Fondazione di Studi Avanzati di Venezia e l'Università di Paris 3 - Sorbonne Nouvelle, ha ottenuto borse di ricerca post-doc a Parigi presso l'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, e all'Università Iuav di Venezia. Dal 2007, collabora con la Revista de Occidente, rivista culturale storica della Fondazione Ortéga y Gasset di Madrid, per cui ha scritto diversi saggi monografici su artisti contemporanei ("Nedko Solakov. Iconografia del Miedo", 2012; "Dar sentido al lugar: la function de la escultura segùn Richard Serra", 2011; "Los habitantes de la Isla: La cosmología diagrámatica de Charles Avery", 2009). Ha curato e coordinato il progetto "Migropolis Venice / Atlas of a Global Situation" (Wolfgang Scheppe ed., 2009) edito da Hatje Cantz.