domenica 31 agosto 2014

RODIN: L'ACCIDENT. L'ALÉATOIRE - MUSÉE D'ART ET D'HISTOIRE, GENÈVE



RODIN
L'ACCIDENT. L'ALÉATOIRE
Commissaires: Antoinette Le Normand-Romain et Laurence Madeline
Musée d’art et d’histoire
2, rue Charles-Galland - Genève
20 juin 2014 - 28 septembre 2014

S’il a marqué les esprits par sa valorisation du fragment et de l’inachèvement, Auguste Rodin (1840 – 1917) a également renouvelé la sculpture en y introduisant les notions d’aléatoire et d’accident. Acceptant les fruits du hasard, l’artiste intègre à sa démarche artistique des éléments qui ne doivent rien à son initiative personnelle. L’accident devient ainsi processus créatif. Autour de La Muse tragique et grâce à de généreux prêts du Musée Rodin, l’exposition présentée au Musée d’art et d’histoire durant l’été montre comment Rodin, luttant contre les scandales et l’incompréhension, a construit un œuvre qui a ouvert la voie au XXe siècle.

Auguste Rodin : père de la sculpture moderne. Plus qu’une affirmation, c’est un poncif. Mais en quoi l’artiste est-il tellement précurseur ? À partir de l’exemple de La Muse tragique, présente dans les collections du MAH depuis 1896, s’est élaborée une réflexion gravitant autour des notions d’accident et d’aléatoire, éléments qu’Aristote a définis dans sa Poétique comme s’inscrivant dans les règles de l’art : « La péripétie est une révolution subite, produite nécessairement ou vraisemblablement par ce qui a précédé, comme dans l’Œdipe de Sophocle… ». Pour classique que soit la référence au philosophe grec, elle n’en ouvre pas moins le champ d’une démarche révolutionnaire. Car placer l’accidens dans la matière même de l’art, en l’occurrence de la sculpture, va à l’encontre de la tradition académique qui efface tout ce qui témoigne des aléas de la fabrication et de la création pour ne conserver que la trace lisse et lisible de l’idée et de l’intention de l’artiste.
Telle sculpture se brise en atelier, à l’image de l’Homme au nez cassé dont le plâtre se casse par un jour de grand froid, pour s’apparenter davantage à un masque et que Rodin fait couler en bronze ; à l’image également de La Muse tragique qui subit quelque dommage avant la fonte, mais que l’artiste donne en cadeau, avec ses imperfections, à la Ville de Genève. Ces deux œuvres révèlent déjà à elles seules la modernité de l’approche artistique de Rodin, une modernité pas toujours comprise par ses contemporains si l’on en croit, par exemple, la réception qui fut réservée à La Muse tragique.
Ces différents aspects constituent le fil rouge de cette nouvelle exposition du Musée d’art et d’histoire de Genève. Un événement qui bénéficie du soutien exceptionnel du Musée Rodin de Paris, qui a consenti à de magnifiques prêts, accompagné en cela par d’autres musées comme le musée d’Orsay, le Victoria and Albert Museum, la Neue Pinakothek de Munich ou encore la Fondation Beyeler. Dessins, photographies, sculptures monumentales ou petites, ce sont environ quatre-vingts œuvres qui viennent compléter et éclairer le fonds que le Musée d’art et d’histoire doit à la générosité de Rodin lui-même.

VEGETATION AS A POLITICAL AGENT - PAV, TORINO




VEGETATION AS A POLITICAL AGENT
a cura di Marco Scotini
PAV Parco Arte Vivente
via Giordano Bruno 31 -Torino
dal 30/5/2014 al 2/11/2014

Ayreen Anastas & Rene Gabri, Imre Bukta, Amilcar Cabral, Filipa César, Critical Art Ensemble, Emory Douglas, Fernando García-Dory, Piero Gilardi, Daniel Halter, Adelita Husni-Bey, Bonnie Ora Sherk, Claire Pentecost, Marjetica Potrč, RozO (Philippe Zourgane & Séverine Roussel), Nomeda e Gediminas Urbonas.

Venerdì 30 maggio, alle ore 18.30, nellʼambito del programma artistico 2014 Commons Art, il PAV inaugura Vegetation as a political agent, mostra collettiva curata da Marco Scotini.

Lʼesposizione intende indagare le implicazioni storiche e sociali del mondo vegetale alla luce della sempre più frequente rivendicazione del “verde” quale agente di cambiamento dei processi economici in atto e la crisi attuale.
Attribuire a una pianta un tempo storico significa analizzare lʼelemento vegetale non solo nella sua componente biologica, ma anche in relazione agli aspetti sociali e politici che lo vedono già al centro delle prime forme di globalizzazione economica. Nel XVII e XVIII secolo, attraverso le piantagioni coloniali e i mercati via mare, si definivano infatti i primi sistemi di controllo delle specie e prendevano forma condizioni di espropriazione e sfruttamento territoriale nella lotta per il monopolio delle spezie. Allʼinterno di questa storia la mostra i ntende evidenziare quelle tappe in cui lʼelemento vegetale ha rappresentato un segno di emancipazione sociale.
Articolata sul doppio registro di storia e attualità, Vegetation as a political agent mette insieme, e sullo stesso piano, interventi artistici e architettonici di tredici artisti internazionali, documenti di figure pionieristiche delle prime rivoluzioni ecologiche e apparati scientifici provenienti dal mondo botanico. Insieme alle opere e alle installazioni, la mostra comprende una vasta serie di illustrazioni e campioni vegetali, materiali dʼarchivio e manifesti prodotti in unʼampia varietà di contesti culturali differenti. La geopolitica che ne fa da sfondo va dallʼOceano Indiano (Isole Mauritius e Réunion) alla Guinea - Bissau, dal Sudafrica al territorio messicano.
La sezione storica e documentale della mostra nasce dalla collaborazione con lʼOrto Botanico di Torino che, grazie alla supervisione scientifica dellʼEx Direttrice Rosanna Caramiello, ha permesso lʼindividuazione di alcune specie pedemontane protette e in via di estinzione (la Peonia e la Marsilea, tra le altre) esposte nella serra del PAV. Accanto alle tavole degli erbari tratti dai volumi di Carlo Ludovico Allioni (che fu direttore dellʼOrto Botanico presso il Castello del Valentino nella seconda metà del Settecento e in stretto contatto con Linneo per la definizione dei sistemi di classificazione) sono esposte immagini, manifesti ed estratti di testi che sottolineano le possibili narrazioni del mondo vegetale sul piano nor mativo, conservativo e sullʼimpiego officinale di piante come la China e la Coca.
Allʼ interno e allʼ esterno del PAV sono inoltre indagati i rapporti tra agricoltura e movimenti popolari nei documenti relativi alla figura di Amilcar Cabral, agronomo e politico guineense che portò la Guinea - Bissau e le isole di Capo Verde allʼ indipendenza dal Portogallo; vengono esplorati il ruolo dellʼ attivismo ecologico attraverso la figura di Mel King nel progetto di Nomeda e Gediminas Urbonas, i murales di Emory Doug las, uno tra gli esponenti del Black Power movement americano a difesa del proletariato rurale, e i campi di protesta treesitting nel Regno Unito indagati da Adelita Husni - Bey. Il rivoluzionario modello di riciclaggio dei rifiuti proposto dal pioniere Geor ge Chan è invece al centro della ricerca di Fernando García - Dory. Non ultimo, sono presentate forme di espressione e immaginari collettivi sui temi della rivoluzione verde palesate nelle maschere e ne i costumi disegnati da Piero Gilardi e indossati nelle animazioni teatrali contro lʼimpiego di OGM nelle coltivazioni di mais (O.G.M. Free, 2014).
Nella corte del PAV prendono forma le due installazioni ambientali create per l ʼ esposizione dai gruppi RozO (Philippe Zourgane & Séverine Roussel) e Critical Art E nsemble. RozO mette a punto Salle verte , un ʼ architettura di tipo vernacolare che diventa un rifugio vegetale percorribile realizzato in bambù e foglie di palma (intrecciate in loco da un contadino delle Isole della Réunion). L ʼ installazione ospita una serie di documentazioni video sulle ex - colo nie francesi del Vietnam, Algeria e delle Isole della Réunion. A chiusura della corte, il collettivo americano Critical Art Ensemble realizza invece Sterile field . Si tratta di una porzione di terreno, in parte ricavata da un lembo di strato erboso del par co del PAV e reso disponibile per l ʼ operazione, lavorata con il metodo roundup ready, procedimento chimico di diserbo invasivo che, su lunga durata, distrugge la biodiversità.
In relazione al mondo vegetale, Vegetation as a political agent solleva infine degli interrogativi circa la rivendicazione della soggettività creativa attraverso pratiche di ortocoltutra, come nelle ricerche e nelle sperimentazioni degli artisti Ayreen Anastas & Rene Gabri con lʼimmissione nel mercato di semi biologici per il ri - equ ilibrio del suolo; Claire Pentecost con lʼ indagine del mais transgenico in Messico; Marjetica Potrč che, impegnata in progetti comunitari partecipati, ha dato vita allʼ orto comunitario auto - organizzato allʼ Ubuntu Park in un quartiere - villaggio di Soweto in Sudafrica (2014). Figure come lʼ ungherese Imre Bukta e la californiana Bonnie Ora Sherk sono infine testimoni degli anni ʻ 70 di forme pionieristiche del rapporto tra arte e agricoltura sotto le opposte polarità della Guerra Fredda.

Immagine: Felipa César, Conakry, 2012, still da video

RICCARDO MAISANO: FILOLOGIA DEL NUOVO TESTAMENTO - CAROCCI 2014




RICCARDO MAISANO
FILOLOGIA DEL NUOVO TESTAMENTO
La tradizione e la trasmissione dei testI
Carocci (26 giugno 2014)
Collana: Manuali universitari

Come sono arrivati fino a noi i testi dei libri che formano il Nuovo Testamento, e come si usano le moderne edizioni? I manoscritti, le traduzioni antiche e le citazioni dei padri della Chiesa ci offrono testimonianze uniformi o tramandano la fisionomia di testi vivi, che hanno permesso alla parola della Scrittura di crescere nel tempo con i suoi interpreti? Il manuale, nel rispondere a queste domande, introduce allo studio storico dei testi e dei testimoni del Nuovo Testamento e della loro trasmissione, informando sulle tendenze recenti della critica testuale neotestamentaria e suggerendo al lettore itinerari e strumenti per un approfondimento personale.

SERGIO LUBELLO: IL LINGUAGGIO BUROCRATICO - CAROCCI 2014




SERGIO LUBELLO
IL LINGUAGGIO BUROCRATICO
Carocci (29 maggio 2014)
Collana: Le bussole

Come comunicano gli uffici con i cittadini? Il tentativo portato avanti dagli anni Novanta in poi di semplificare il cosiddetto “burocratese” – la lingua artificiosa e spesso oscura delle scritture amministrative – ha dato i suoi frutti? Quali sono i tratti linguistici tipici del linguaggio burocratico? Il libro offre a lettori non specialisti le risposte a queste domande, partendo da un breve excursus sulla formazione del linguaggio burocratico per arrivare, anche attraverso l’analisi di un campione significativo di testi, a definirne le caratteristiche linguistiche e testuali e ad affrontare la questione della semplificazione del linguaggio amministrativo, spesso ancora oggi disattesa.
  

COMUNICARE FA BENE. ANZI BENISSIMO - FONDAZIONE REMOTTI, CAMOGLI




COMUNICARE FA BENE. ANZI BENISSIMO
a cura dell'Archivio Storico della Pubblicità di Genova
Fondazione Remotti
via Castagneto 52 - Camogli
dal 30/8/2014 al 18/10/2014

Inaugura sabato 30 agosto, alle 18.30, presso la Fondazione Remotti di Camogli, la mostra Comunicare fa bene. Anzi benissimo, a cura dell'Archivio Storico della Pubblicità di Genova.
La rassegna, organizzata in occasione della prima edizione del Festival della Comunicazione di Camogli, vuole evidenziare quanto un manifesto d'affissione possa essere il più efficace strumento di comunicazione di massa.
Comunicare fa bene. Anzi benissimo seleziona venti manifesti pubblicati in Italia tra il 1899 e il 1969, conservati presso l'archivio genovese, e li accompagna con le letture di Ruggero Pierantoni, biofisico e studioso della percezione acustica e visiva. Si parte dal manifesto esposto per approfondire sulle molteplicità di segni e messaggi racchiusi in queste immagini d'epoca.
Il testo di queste letture esemplari è integrato da contenuti multimediali, foto e video, che i visitatori possono visionare attraverso i codici Qr code stampati sui pannelli utilizzando tablet e smartphone o nella videoproduzione completa presente in mostra. Documentari, trailer di film, trasmissioni televisive per poter contestualizzare l'opera esposta e il commento che la affianca, e a sua volta approfondire il suo significato.
La mostra è visitabile fino a sabato 18 ottobre a Camogli, presso la Fondazione Remotti, e a ingresso gratuito.

sabato 30 agosto 2014

JOSEF KOUDELKA: NATIONALITY DOUBTFUL - CHICAGO ART INSTITUTE




JOSEF KOUDELKA
NATIONALITY DOUBTFUL
Chicago Art Institute
111 South Michigan Avenue - Chicago
June 7, 2014 – September 21, 2014

Czech-born French artist Josef Koudelka belongs in the firmament of classic photographers working today. Honored with the French Prix Nadar (1978), the Hasselblad Prize (1992), and the International Center of Photography Infinity Award (2004), Koudelka is also a leading member of the world-renowned photo agency Magnum. This exhibition, his first retrospective in the United States since 1988, is also the first museum show ever to emphasize his original vintage prints, period books, magazines, and significant unpublished materials.
Koudelka became famous in anonymity through the worldwide publication of his daring photographs of the Soviet-led invasion of Prague in August 1968. Just 30 years old at the time, Koudelka had already worked for a decade, principally on Gypsies, for which he visited Roma populations for weeks at a time in his home country and later abroad over the course of years. This ambitious series beautifully combines a sense of modern history with timeless humanism.
Choosing exile to avoid reprisals for his Invasion photographs, Koudelka traveled throughout Europe during the 1970s and 1980s, camping at village festivals from spring through fall and then printing in wintertime. His photographs of those decades became the series Exiles. Since the late 1980s Koudelka has made panoramic landscape photographs in areas massively shaped by industry, territorial conflict, or—in the case of the Mediterranean rim—the persistence of Classical civilization.
Tracing this long and impressive career, this exhibition draws on Koudelka’s extensive holdings of his own work and on recent major acquisitions by the Art Institute, including the complete surviving contents of the debut presentation of Gypsies in 1967 (22 photographs), as well as ten Invasion images printed by the photographer just weeks after the event. Also on display are early experimental and theater photographs and some of the photographer’s beautifully produced books—which stretch dozens of feet when unfolded. A fully illustrated catalogue accompanies the exhibition, which after its debut at the Art Institute travels to the J. Paul Getty Museum, Los Angeles, and Fundación MAPFRE, Madrid.
  

CASTELLANI / LONG / WALL - LORCAN O'NEILL, ROMA




CASTELLANI / LONG / WALL
Galleria Lorcan O'Neill
vicolo dei Catinari 3 - Roma
dal 4/7/2014 al 30/9/2014

La Galleria Lorcan O’ Neill inaugura la nuova sede il 4 luglio con una mostra di Enrico Castellani, Richard Long e Jeff Wall. La galleria si sviluppa su più livelli con due spazi espositivi e una terrazza in cui saranno esposte sculture e installazioni.
Si accede attraverso un cortile dominato da una Fontana che rappresenta Venere nata da una conchiglia.
Situato vicino al ghetto ebraico, un tempo ospitava la scuderia di Palazzo Santacroce, costruito dalla famiglia Santacroce tra il 1598 e il 1668. La famiglia diede vita a 4 cardinali e le origini risalgono alla fondazione della Repubblica di Roma.
La nuova galleria si trova in Vicolo dei Catinari 3, nel centro di Roma tra Piazza Farnese e Campo dei Fiori. A trecento metri da Largo di Torre Argentina, che ospita quattro templi romani e i resti del Teatro di Pompei (dove si crede Giulio Cesare sia stato assassinato) e un teatro del XVIII secolo, dove Rossini debuttò con il Barbiere di Siviglia nel 1816.

La Galleria apre con una mostra di Enrico Castellani, Richard Long e Jeff Wall e mette in dialogo tre grandi maestri della scultura, della fotografia e della pittura, svelando una estetica minimale e rigorosa.
Richard Long e Jeff Wall hanno avuto le loro prime mostre in galleria proprio nel 2003, anno di apertura della prima sede di Lorcan O Neill a Roma. In mostra circa 15 opere tra cui due installazioni di Richard Long realizzate una con prezioso marmo di Carrara e con pezzi di marmo nero e rosa, scarti di abitazioni della Liguria oltre a grandi pannelli. Le tele di Castellani e le fotografie del canadese Jeff Wall. In autunno la galleria presenterà nuovi lavori dell’artista inglese Eddie Peake, che saranno realizzati a Roma questa estate. Lorcan O’Neill continua a incoraggiare gli artisti a lavorare a Roma, per creare un legame con la città come fonte di ispirazione e creatività.

La Galleria Lorcan O'Neill ha aperto a Roma nel 2003 come spazio per l’arte contemporanea internazionale e lavora con artisti come Martin Creed, Tracey Emin, Anselm Kiefer, Richard Long, Kiki Smith, Jeff Wall, Rachel Whiteread and Cerith Wyn-Evans, molti dei quali hanno esposto per la prima volta in Italia con Lorcan O’ Neill.
La Galleria lavora anche con importanti maestri italiani come Emilio Prini, Francesco Clemente, e Luigi Ontani.
Supporta, inoltre, una nuova generazione di artisti come Manfredi Beninati, Pietro Ruffo, Eddie Peake e ultimamente Prem Sahib, Juliana Leite, e Celia Hempton.
Nel 2008 Lorcan O’Neill ha aperto uno spazio per site-specific work e portato a Roma artisti come Carsten Nicolai e Hanna Liden.

Enrico Castellani
Nato a Castelmassa, Italia nel 1930.Dal 1973 vive e lavora a Celleno, una città medioevale alla perfieria di Roma. Castellani ha studiato alla Académie Royale des Beaux-Arts di Bruxelles, dove si è laureato in architettura. Dall’inizio ha partecipato con Piero Manzoni e Lucio Fontana a importanti correnti emergenti dell’avanguardia europea degli anni ’50 e ’60 incluso il gruppo Zero a Duesseldorf. Nel 1959 ha fondato con Piero Manzoni “Azimuth”: una galleria e una rivista che, nei soli due anni in cui è esistita, è diventata un centro vitale per attività avanguardiste. Castellani ha partecipato nel 1965 alla collettiva di Op Art 'The Responsive Eye' al Museum of Modern di New York e nel 1966 alla Biennale di Venezia. Tra le mostre personali Solomon R. Guggenheim Museum (1994), New York; Fondazione Prada, Milano (2001), Centre for Contemporary Art, Varsavia (2001) e Pushkin Museum a Mosca (2005). Le sue opere sono nelle collezioni private e pubbliche di tutto il mondo: Museum of Modern Art in New York, Centre Pompidou, Parigi, National Gallery of Modern Art, Roma, Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington, Museum Kunst Palast, Duesseldorf, Stedelijk Museum, Amsterdam, Walker Art Center a Minneapolis. In ottobre 2010 è stato insignito del Praemium Imperiale for painting a Tokyo.

Richard Long
Richard Long è nato a Bristol nel 1945, dove vive e lavora. Ha studiato al West of England College of Art, e alla St Martin's School of Art, a Londra (1965-67). A un anno dalla laurea nel 1968 ha partecipato alla prima mostra di Arte Povera, ad Amalfi, e negli anni successivi alla Earth Art exhibition alla Cornell University, New York, e a mostre collettive di opere minimali e concettuali come When Attitude Becomes Form alla Kunsthalle di Berna. Tra le mostre personali: Hamburger Bahnhof, Berlino (2010), Tate Britain, Londra (2009), Scottish National Gallery of Modern Art, Edinburgo (2007), San Francisco Museum of Modern Art (2006), National Museum of Modern Art, Kyoto (1996), Philadelphia Museum of Art (1994), Musèe d’Art Moderne de la Ville de Paris, (1993), e Solomon R. Guggenheim Museum, New York (1986). Long ha rappresentato l’Inghilterra alla Biennale di Venezia nel 1976. Ha vinto il Turner Prize nel 1989 e il Praemium Imperiale, a Tokyo nel 2009. Richard Long è rappresentato dalla Galleria Lorcan O’Neill dal 2003, e questa è la sua quinta mostra in galleria.

Jeff Wall
Jeff Wall è nato a Vancouver, Canada, nel 1946, dove vive e lavora.
Ha studiato Storia dell’arte all’University of British Columbia a Vancouver, e al Courtauld Institute a London. Le sue opere sono state esposte nei musei più importanti al mondo ed è considerato l’artista più influente tra quelli che lavorano con la fotografia.
Una grande retrospettiva delle sue opere è in corso allo Stedeljik Museum, di Amsterdam e nell’anno sarà poi alla Kunsthaus Bregenz e al Louisiana Museum, in Danimarca. Nel 2012/2013 una mostra ha girato tutta l’Australia: Art Gallery of Western Australia, National Gallery of Victoria, e il Museum of Contemporary Art, a Sydney). Nel 2007 si è tenuta un’importante retrospettiva di oltre 40 opere al MOMA di New York; all’Art Institute of Chicago e al San Francisco Museum of Art. Tra le mostre personali più recenti: Pac Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano (2013), Bozar, Bruxelles e Centro Galego de Arte Contemporanea, a Santiago de Compostela (2011), Staatliche Kunstsammlungen, Dresda (2010), Tamayo Museum, Mexico City (2008), Schaulager Foundation, Basilea (per l’occasione è stato pubblicato un catalogo ragionato) e Tate Modern, Londra (2006).
Jeff Wall è rappresentato dalla Galleria Lorcan O’Neill dal 2003, e la mostra a luglio è la sua quarta mostra in galleria.

Immagine: Monologue, 2013. Colour photograph 240 x 282.3 cm. Courtesy of the artist and Galleria Lorcan O'Neill.

JENELLE PORTER FIBER: SCULPURE 1960-PRESENT - PRESTEL 2014




JENELLE PORTER
FIBER: SCULPURE 1960-PRESENT
Prestel
(August 28, 2014)

This lavish book documents the developments in the field of fiber-related art over the past half century. The 1960s saw a revolution in fiber art. Where once the focus was on knotting, twining, and coiling thread into works that were immediately recognizable, and therefore connected to utilitarian crafts, fiber artists of the later 20th-century began to experiment with abstract forms that were closer to sculpture than craft. Influenced by postmodernist ideas, these works are the product of experimentation with materials and technique while at the same time confronting important cultural issues. This book traces that development from the mid-twentieth century to the present. In the words of Bauhaus weaver Anni Albers, the expressive quality of fiber is essentially a "language of thread." That language is beautifully displayed in full-color spreads and individual illustrations in this book. Scholarly essays address the feminist movement of the 1970s; the expanded use of materials in the '80s and '90s; and the more recent employment of fiber as one more material in the creation of freestanding works. In addition to a section of full color illustrations, this book also includes profiles of all of the genre's most influential artists.

ROSS BARRETT: RENDERING VIOLENCE - UNIVERISTY OF CALIFORNIA PRESS 2014




ROSS BARRETT
RENDERING VIOLENCE
Riots, Strikes, and Upheaval in Nineteenth-Century American Art
University of California Press
(August 29, 2014)

Rendering Violence explores the problems and possibilities that the subject of political violence presented to American painters working between 1830 and 1890, a turbulent period during which common citizens frequently abandoned orderly forms of democratic expression to riot, strike, and protest violently. Examining a range of critical texts, this book shows for the first time that nineteenth-century American aesthetic theory defined painting as a privileged vehicle for the representation of political order and the stabilization of liberal-democratic life. Analyzing seven paintings by Thomas Cole, John Quidor, Nathaniel Jocelyn, George Henry Hall, Thomas Nast, Martin Leisser, and Robert Koehler, Ross Barrett reconstructs the strategies that American artists developed to explore the symbolic power of violence in a medium aligned ideologically with lawful democracy. He argues that American paintings of upheaval “render” their subjects in divergent ways. By exploring the inner conflicts that structure these painterly projects, Barrett sheds new light on the politicized pressures that shaped visual representation in the nineteenth century and on the anxieties and ambivalences that have long defined American responses to political turmoil.

INCENSO LUCE FIORI - MUSEO CHIOSSONE, GENOVA




INCENSO LUCE FIORI
Suppellettili giapponesi in bronzo dei periodi Edo e Meiji
a cura di Donatella Failla
Museo d’Arte Orientale "Edoardo Chiossone" Villetta Di Negro
piazzale Giuseppe Mazzini 4 - Genova
dal 25/7/2014 al 22/2/2015

La mostra presenta una settantina di bronzi giapponesi dei periodi Edo (1600-1868) e Meiji (1868-1912) appartenenti alle categorie dei vasi per composizione floreale e alle suppellettili culturali e devozionali impiegate negli ambienti religiosi per l’offerta rituale di suffumigi d’incenso, luce di lanterne o candele, fiori composti in vaso.

Immagine: Take Niwaomi (secolo XVIII), Vaso per composizioni floreali RIKKA datato 1765.

venerdì 29 agosto 2014

HANS RICHTER: IL RITMO DELL'AVANGUARDIA - VILLA MALPENSATA, LUGANO




HANS RICHTER
IL RITMO DELL'AVANGUARDIA
a cura di Elio Schenini e Timothy Benson
Museo d’Arte Lugano
Villa Malpensata, Riva Caccia 5 - Lugano
30/8/2014 - 23/11/2014

Dopo Los Angeles, Metz e Berlino arriva al Museo d’Arte Lugano una grande mostra, ricca di quasi 200 opere, dedicata all’artista tedesco Hans Richter, le cui ricerche tra pittura e film costituiscono un capitolo fondamentale nella storia delle avanguardie del Novecento.
Si inaugura il 30 agosto al Museo d’Arte Lugano un’ampia retrospettiva dedicata all’artista tedesco Hans Richter (Berlino 1888 – Minusio 1976), in programma fino al 23 novembre 2014. Ricca di quasi 200 opere tra pitture, disegni, fotografie, film, libri e riviste, la mostra rappresenta un’occasione unica per riscoprire l’opera di questa importante figura dell’arte del XX secolo che ha trascorso gran parte dei suoi ultimi venti anni di vita a Locarno e di cui il Museo Cantonale d’Arte conserva alcune opere capitali, tra di esse la versione originale del grande rotolo Rhythmus 23.
L’esposizione segna un’ulteriore tappa nel percorso verso il nuovo centro culturale LAC (Lugano Arte e Cultura) la cui apertura è prevista a settembre 2015. Dalla fusione dei patrimoni artistici del Museo d’Arte Lugano e del Museo Cantonale d’Arte, già oggi uniti sotto un’unica direzione, nascerà il museo del LAC che si avvia a diventare un importante centro espositivo a livello europeo.

L’artista
Figura di spicco dell’avanguardia del secolo scorso, Hans Richter ha esercitato il suo talento e la sua creatività in un’infinita varietà di campi – da lla pittura al disegno, dal cinema alla scrittura, dall’editoria all’insegnamento – battendosi sempre strenuamente per affermare i valori di quella rivoluzione modernista che ha segnato in maniera in delebile la prima metà del Novecento.
La sua lunga e movimentata esistenza è strettamente intrecciata alle vicende storiche e artistiche del secolo scorso, che lo hanno visto collaborare e dialogare con alcuni tra i principali esponenti dell’arte di quel tempo, da Marcel Duchamp a Kazimir Malevič, da Theo van Doesburg a Kurt Schwitters, da Max Ernst a Sergej Ejzenštejn.
Dopo gli esordi espressionisti nella Berlino dei primi anni dieci, tra il 1916 e il 1918 Richter è stato, accanto a Tzara, Ball, Arp e Janco, uno dei protago nisti della straordinaria stagione del Dadaismo zurighese e negli anni immediatamente successivi un o dei pionieri del cinema astratto, tanto da divenire nella seconda metà degli anni Venti una figura chiave delle sperimentazioni filmiche in ambito artistico.
Costretto a rifugiarsi negli Stati Uniti dopo l’avvento del nazismo, nel dopoguerra Richter è diventato, grazie alla sua attività di insegnante, un punto di riferimento per la nascita del cinema indipendente americano e, attraverso libri e mostre, ha contribuito in maniera decisiva a scrivere la storia delle avanguardie del primo Novecento.

Il percorso espositivo
Dispiegandosi cronologicamente attorno alle fasi principali che segnano l’avventura artistica di Richter, il percorso espositivo, che include opere di artisti quali Arp, Eggeling, Janco, Jawlensky, van Doesbourg, Moholy Nagy, Man Ray, offre la straordinaria opportunità di confrontarsi con le grandi tematiche che hanno percorso le avanguardie del Novecento e di ripercorrere alcune delle esperienze fondamentali che hanno segnato la storia dei rapporti tra pittura e cinema nel secolo scorso.

L’esposizione è accompagnata da un catalogo in italiano, corredato da immagini a colori di tutte le opere in mostra, con testi di Timothy O. Benson, Doris Berger, Edward Dimendberg, Frauke Josenhans, Philippe-Alain Michaud, Elio Schenini, Michael White, Yvonne Zimmermann.

Immagine: Hans Richter, Rhythmus 25, 1965

ON THE STAGE - THE GALLERY APART, ROMA




ON THE STAGE
a cura di Lydia Pribisova
The Gallery Apart
via Francesco Negri 43 - Roma
dal 10/7/2014 al 18/9/2014

La mostra On the Stage presenta tre artisti slovacchi che focalizzano il tema della relazione tra la percezione di un’opera d’arte, lo spettatore e la scena, nel senso di rappresentazione e relative difficoltà.
Il tema principale dei lavori di András Cséfalvay include la presentazione delle ambizioni umane, la tendenza a voler salvare l’umanità, il messianismo, la caduta degli eroi, l’incapacità di conseguire le ambizioni e il vuoto delle gesta eroiche. Tali tematiche spesso appaiono nelle opere classiche. András Cséfalvay propone in mostra Maquette/Maketa, lavoro per il quale ha ricevuto il Premio Oskár Čepan 2009 e che è uno tra i suoi lavori più significativi. L’artista spesso utilizza la musica nei suoi lavori e ha recentemente pubblicato il suo primo album musicale. Il protagonista principale dell’opera in mostra è lo stesso András Cséfalvay alle prese con l’ambizione di creare un’opera epica monumentale, con un’orchestra sinfonica, una scenografia epica e tutto il resto di cui vi può essere bisogno. Maquette/Maketa è un modello di un’opera consistente in tre videoproiezioni che evocano la scena di un’opera. Sui lati di un drappeggio scuro a forma di U, l’artista proietta immagini statiche di palchi di teatro vuoti, mentre il nucleo della proiezione - una scena di un’opera - avviene al centro. Il video, in cui l’artista assume il ruolo di principale autore, compositore, regista, musicista, cantante e attore, racconta diverse opere incompiute, attraverso l’illustrazione dei moventi musicali e visuali proposti.
La chiave di lettura del ciclo propone il protagonista principale al centro dell’attenzione. Nella sua storia, percepiamo i suoi costanti tentativi di avere successo e i suoi conseguenti fallimenti. András Cséfalvay è interessato all’opera come Gesamkunstwerk – e creandola suppone di dimostrare il suo successo, il raggiungimento dell’obiettivo di tutta una vita. Il lavoro è una maquette e anche se funziona da solo come autonoma opera d’arte, richiama l'attenzione sul fatto che l'opera in realtà non ha mai realmente bisogno di essere finita.
Ilona Németh presenterà un'installazione monumentale site-specific dal titolo Auditorium/Hľadisko che allude all’autoreferenzialità, sconvolgendo i ruoli di spettatore e attore. Una costruzione in metallo con sedie di plastica simili a uno stadio a cielo aperto. La struttura interna, simile ad un ponteggio, non costituisce una scultura indipendente ma si adegua di volta in volta agli spazi in cui viene esposta. Questa costruzione affascinante e allo stesso tempo aggressiva, con un proprio ritmo e una natura ripetitiva, suggerisce anche il motivo di un'eco, l'impossibilità di un dialogo, una situazione di stallo. Tra le altre cose, il progetto si riferisce anche agli attuali complicati rapporti di forza fra le istituzioni di arte contemporanea nell’area dell’Europa centrale. Analogamente all'opera di András Cséfalvay, il progetto di Ilona Németh attiene all'equilibrio precario tra successo e fallimento.
Il video dal titolo Small Odyssey II (2011) di Zuzana
 Žabková è una contemplazione introversa sui mezzi di espressione, sulla vacuità e, come per le altre opere in mostra, anche sul possibile fallimento. Il video mostra una persona che suona il pianoforte, ma lo strumento musicale non produce alcuna melodia; tutto ciò che sentiamo è il suono dolce delle dita che toccano i tasti. Il video è una coreografia specifica per le mani. La giovane artista Zuzana Žabková è nota in particolare per la capacità di unire coreografia contemporanea, danza e arti visive. La sua opera si concentra sulla videoarte, le performances video, la coreografia, il montaggio, la sound-art e loro derivati. Nelle sue opere spesso l’artista manipola le definizioni di "utopie quotidiane abituali". Attraverso degli esperimenti, fornisce una panoramica sulla variabilità delle definizioni date, imparando così insieme al pubblico dai suoi propri errori. Forse anche per un futuro migliore. 

Immagine: Ilona Németh, Dilemma Project, KOšICE version, 2012. 

DANIEL MÉNAGER: LE ROMAN DE LA BIBLIOTHÈQUE - BELLES LETTRES 2014




DANIEL MÉNAGER
LE ROMAN DE LA BIBLIOTHÈQUE
Belles Lettres (septembre 2014)

Depuis longtemps, la critique s'intéresse aux lieux les plus fréquentés par les personnages de roman : salons, salles à manger, boudoirs, alcôves. Elle a oublié les bibliothèques que de riches particuliers ont la chance de posséder. C'est là pourtant que, du XVIIIe au XXe siècle, les romanciers nous conduisent très souvent. Mais ce n’est pas seulement pour nous convaincre du bienfait des retraites studieuses. Les « librairies », comme disait encore Montaigne, sont aussi des lieux de beauté, décorés avec goût par les esthètes (Oscar Wilde, Henry James). Elles sont aussi des aimants du désir, car chacun sait bien qu’elles contiennent des secrets, des livres interdits, convoités par les enfants. Plus surprenant, de Stendhal à Musil ou à Nabokov, elles offrent un refuge aux amants qui vivent entre leurs murs des expériences singulières. Elles abritent toutes sortes d’initiations (Cendrars, Green, Sartre, Murakami). Apparemment éloignées de l’histoire, elles entendent près de leurs murs le grondement de ses vagues, comme le disent en des termes variés Pirandello, Drieu La Rochelle, ou encore Heimito von Doderer. Autre enjeu : celui de l’ordre, vocation philosophique de toute bibliothèque qui se respecte. Chez Stifter, les tribulations de l’individu s’arrêtent à ses portes. Mais le désordre a souvent le dernier mot, même chez Anatole France. Pourquoi ne pas l’accepter, et chercher un art de vivre au milieu des livres et des choses, ce qu’ont tenté, d’une façon burlesque, Bouvard et Pécuchet, mais aussi, sur un mode poétique, Nodier ou Nerval ?

Daniel Ménager est professeur émérite à l'Université de Paris Ouest-Nanterre-La Défense. Ses principaux travaux portent sur Ronsard, qu'il a édité dans la "Bibliothèque de La Pléiade", avec Jean Céard et Michel Simonin (deux volumes, 1993 et 1994). Il a en outre publié : La Renaissance et le rire (1995), Diplomatie et théologie à la Renaissance (2001), La Renaissance et la nuit (2005), L'Incognito, d'Homère à Cervantes, (Les Belles Lettres, 2009), et La Renaissance et le détachement (2011). 

FILMER, DIT-ELLE, LE CINÉMA DE MARGUERITE DURAS - CAPRICCI 2014




FILMER, DIT-ELLE
LE CINÉMA DE MARGUERITE DURAS
Capricci Editions (septembre 2014)

Il y a un siècle naissait l’écrivaine Marguerite Duras. L’écrivaine ? Ne devrait-on pas plutôt dire l’artiste pour intégrer son travail de cinéaste ? Disons qu’elle est une voix, tant celle-ci marque par sa singularité, au-delà de la forme de ses oeuvres. Le centenaire de sa naissance était pour Capricci l’occasion de faire le point sur un cinéma méconnu bien qu’estimé.
Dans cet ouvrage, la parole est donnée à des auteurs qui simplement, naïvement, aiment d’abord son cinéma, et sont impressionnés par lui. Des entretiens avec l’artiste elle-même et certains de ses collaborateurs accompagnent ces textes d’analyse. Aussi, différents tons et différentes générations se croisent : certains évoquent la violence politique des premiers films de Duras ou cherchent les marques de ses obsessions intimes, d’autres investissent ses décors et ses personnages. Mais tous se passionnent pour le naturel rare et radical avec lequel Duras, alors écrivaine reconnue, s’empare du cinéma. À travers ces écrits, une figure supplémentaire apparaît en creux, celle de Duras personnage. Médiatique à la manière de Godard, provocante, et surtout intime. Ce n’est pas le moindre des paris de ce livre que de relier des temporalités différentes en respectant l’atemporalité de l’oeuvre de Duras.

I CONCERTI DI SAN TORPETE: ENSEMBLE DOPPIOPUNTO - CHIESA DI SAN TORPETE, GENOVA 30/8/2014




“I Concerti di San Torpete”
ENSEMBLE DOPPIOPUNTO
Jumei Liao (Clavicembalo) e Alessandro Carta (Organo)
Chiesa di San Torpete
piazza San Giorgio - Genova
Sabato 30 agosto 2014, ore 18,00

Sabato 30 agosto 2014,alle 18,00, “I Concerti di San Torpete”, ospitano un insolito concerto che vedrà suonare insieme due strumenti in un abbinamento non comune: il clavicembalo e l’organo.
Saranno eseguiti alcuni brani di grandi autori del ’700 riscritti secondo l’uso della trascrizione, pratica largamente adoperata nel corso del ‘600 e del ‘700 per permettere di eseguire brani orchestrali, scritti in origine per formazioni strumentali composte da un certo numero di musicisti, a un solo esecutore o al massimo due.
Il duo Doppiopunto eseguirà musiche di Händel (il Concerto per organo e orchestra HWV 310), Vivaldi (tre concerti: per due violini e orchestra RV522; per quattro violini, violoncello e orchestra RV 580, per due violini, violoncello e orchestra RV565) e del benedettino austriaco Edmund Angerer, l’Allegro dalla Kinder-Sinfonie, la “sinfonia dei giocattoli”, fino a pochi anni fa attribuita al padre di Mozart, Leopold.
Saranno inoltre eseguiti brani del belga Flor Peeters (il preludio sull’inno O filii et filiae), del compositore francese Antoine Forqueray, in una trascrizione originale coeva dello stesso Forqueray per clavicembalo solo e un tiento per organo dello spagnolo Francisco Correa de Arauxo.

L’esecuzione è affidata all’Ensemble Doppiopunto, formato da Jumei Liao (Clavicembalo) e Alessandro Carta (Organo). Attivo dal 2010, si dedica in particolare a trascrivere brani di autori barocchi con trascrizioni inedite e autoprodotte, frutto di un attento studio della partitura originale e una valutazione accurata delle sonorità a cui possono dare vita questi due strumenti quando suonano contemporaneamente, bilanciandone e armonizzandone al meglio le sonorità. La clavicembalista Jumei Liao è originaria di Taiwan e dopo aver iniziato gli studi nel proprio paese ha proseguito la formazione musicale in Italia seguendo corsi di perfezionamento in organo con prestigiosi maestri (L.F. Tagliavini, H. Vogel, F. Cera). L’organista Alessandro Carta si è formato musicalmente con grandi interpreti quali K. Schnorr, S. Innocenti e F. Cera. Si dedica inoltre alla trascrizione di brani orchestrali di Vivaldi e Händel per organo e clavicembalo (sue quelle eseguite nel concerto).

Per avvicinare il pubblico agli autori e al programma, alle 17,45 Alessandro Carta terrà la conversazione introduttiva sul tema "Da uno strumento all’altro: la trascrizione musicale". 

giovedì 28 agosto 2014

GENIUS LOCI / SPIRIT OF PLACE - PALAZZO CAVALLI FRANCHETTI, VENEZIA





GENIUS LOCI / SPIRIT OF PLACE
curated by Greg Hilty
organized by Lisson Gallery, London
Palazzo Cavalli Franchetti - Venice
7 June – 23 November 2014

Ai Weiwei, Daniel Buren, Tony Cragg, Richard Deacon, Spencer Finch, Dan Graham, Shirazeh Houshiary, Anish Kapoor, Richard Long, Tatsuo Miyajima, Julian Opie, Pedro Reyes, Santiago Sierra, Lee Ufan, Koen Vanmechelen, Joana Vasconcelos, Lawrence Weiner, Richard Wentworth.

On the occasion of the 14th International Architecture Biennale in Venice, curated this year by Rem Koolhaas, the Lisson Gallery and Berengo Studio present an exhibition of sculpture and installation that goes beyond the museum or gallery space, addressing instead the complex spheres of the public realm and the built environment. By existing beyond the walls, public art can help define the character of its location, either functioning harmoniously or in dialogue with the architecture or landscape it inhabits. As experienced commissioners of large-scale contemporary art, curators from the Lisson Gallery, in association with Berengo Studio, are displaying a range of major pieces by 19 artists, both inside and outside the historic Venetian Palazzo Franchetti. The show includes models, sculptures, drawings and projects by Anish Kapoor, Ai Weiwei, Daniel Buren, Lawrence Weiner, Shirazeh Houshiary and Lee Ufan, among others, all of whom have made significant contributions to art in the public domain through works that challenge, complement or elucidate their surroundings. In turn, these proposals, situations and sculptures – some unrealised, some temporary, some permanent – should allow us to better appreciate, contemplate and understand the world around us.
The title is taken from the Latin term genius loci, used to describe the particular essence or spirit of a place. For a work of art to attain this status, it might evoke the atmosphere of landscape, as in Richard Long’s works made with clay collected from a riverbank. Conversely, the interconnected LED counters and circuits in Tatsuo Miyajima’s installation reflect our increasingly digitised, networked existences. Public works of art can also mirror the civic and architectural structures found in cities: Dan Graham’s glass and steel pavilions, reminiscent both of skyscrapers and closed-circuit surveillance rooms, engage people who may pass near or through, their bodies being at once removed and reaffirmed in the two-way mirrored glass. The colourful, canopied walkways and striped interventions of Daniel Buren, whose pergolas provide shelter and an alternate entrance to this exhibition, similarly exist somewhere between artifice and architecture, situation and experience. Visitors will also be drawn in by the monumental stack of conjoined stainless steel bicycles by Ai Weiwei that rise from the garden overlooking Venice’s famous Accademia bridge.
Public art has the potential to enhance the aspect of a place as well as uplift its inhabitants, perhaps by tapping into the history or soul of its location. The towering and twisting sculptures in glass and aluminium by Shirazeh Houshiary are objects that appear to link the earth to the heavens, while Santiago Sierra’s scar-like incursion of the letters S.O.S. into the Sahara desert for his 2012 work protesting against the ongoing saga of the Smara Refugee Camp in Algeria, entitled World’s Largest Graffiti, suggests that public art can both be urgently political and at the same time even attain archeological status. The importance of glass as a material in this exhibition is underlined by works by Joana Vasconcelos, Tokujin Yoshioka and Koen Vanmechelen produced with the Berengo Studio, which has been inviting contemporary artists to engage with glass at its studio on the nearby island of Murano for over 20 years.
To demonstrate how the predominantly gallery-scaled works in the exhibition relate to those produced for the public realm, a survey of the involvement of Lisson Gallery and its artists in public art commissions will be incorporated in to a laboratory room, designed by the London-based architectural practice Carmody Groarke. This dynamic installation will present documentation – incorporating artist’s models, drawings, films and photographs into a newly built exhibition structure – which covers many major outdoor projects. These range from Julian Opie’s monumental commission for a riverside promenade in Calgary and Kapoor’s famous Cloud Gate for the new Millennium Park in Chicago, to Richard Deacon’s sensitive terracotta cornicing in London’s Piccadilly and Spencer Finch’s use of 700 individually coloured panes of glass for the High Line in New York.

“In the great debate and battle currently being waged over who commissions or controls what kind of public art gets made and seen in our urban centres, it should never be forgotten that the art and the artist should first and foremost have their own integrity to enable a confident and sympathetic engagement with the place and its architecture. In order to create satisfying places to live and work, we must first create meaningful symbolic structures that form relationships between us and our surroundings. When architects, artists, developers, and planners understand fully this, then the results can have the character of genius.” Statement taken from an article in Blueprint Magazine, June, 2014, written by Ossian Ward, Head of Content, Lisson Gallery.

Image: Spencer Finch, Night Sky, over the Painted Desert, Arizona, 2004. 

ATMOSFERE DEL NOVECENTO - PALA DE ANDRÉ, RAVENNA




ATMOSFERE DEL NOVECENTO
Volti e paesaggi
a cura di Silvana Costa
Pala De André
viale Europa 1 - Ravenna
dal 29 Agosto 2014 al 15 Settembre 2014

“Atmosfere del Novecento volti e paesaggi” è la mostra che inaugura negli spazi del Pala De André di Ravenna venerdì 29 agosto, a cura di Silvana Costa.
Oltre 100 opere a partire dagli anni 20 fino agli anni 70 descrivono un passato attraverso immagini legate al quotidiano.
La mostra raccoglie una trentina di disegni, una decina di sculture e oltre 60 dipinti. Il vasto corpus vuole condurre il pubblico nell’arte del Novecento attraverso paesaggi e volti sconosciuti, per cogliere l’abilità pittorica e descrittiva di ogni singolo autore protagonista dello scorso secolo, per conoscere l’identità di certe opere, la morbidezza di certi segni, che pur rifacendosi ai movimenti pittorici del Novecento, sono soprattutto frutto del vissuto e della personalità dell’artista, della sua ricerca intimista.
Un percorso articolato che espone grandi artisti del Novecento italiano: dai paesaggi di Giacomo Balla degli anni Cinquanta, alla carrellata di ritratti di Corrado Cagli realizzati negli anni Quaranta e negli anni Sessanta accanto a Massimo Campigli e Felice Carena mentre di Carlo Carrà sono in mostra i paesaggi realizzati negli anni Trenta e negli anni Cinquanta. E ancora Felice Casorati, Claudio Clerici e Giorgio De Chirico esplorato attraverso quadri di notevole intensità e simbologie per lui ricorrenti degli anni ’50 oltra a un disegno del ’29. In mostra anche un nucleo di opere di Filippo De Pisis degli anni Trenta e Quaranta, un piccolo ciclo che si conclude con un olio su tela del 1950. E ancora gli stupendi paesaggi di Raffaele De Grada e i disegni di Pericle Fazzini. Un corpus numeroso di opere indagano l’opera di Virgilio Guidi accanto a quella di Ottone Rosai. Di questi in mostra magnifici paesaggi, ritratti, nature morte. Accanto i ritratti realizzati negli anni Cinquanta da Renato Guttuso e Mino Maccari, disegni e sculture di Arturo Martini tra cui i“Ferri”realizzati negli anni Cinquanta. Poi Mirko, Savinio, Gregorio Sciltian, Severini, i paesaggi di Ardengo Soffici e Arturo Tosi, Emilio Vedova e Renzo Vespignani. Inoltre i disegni e gli inchiostri di Mario Sironi, una decina di opere dal 1914 agli anni Cinquanta.

Immagine: Virgilio Guidi, Donna dalla cintura rossa, olio su compensato (1929)

MASSIMO RAFFAELI: I FASCISTI DI SINISTRA - ARAGNO 2014




MASSIMO RAFFAELI
I FASCISTI DI SINISTRA
Aragno (1 giugno 2014)
Collana: Biblioteca Aragno

Il fascismo non è stato una mascherata ma una dittatura di classe e, nello stesso tempo, un dispositivo biopolitico. Presi in mezzo alla generazione fascistissima, alcuni fra i grandi narratori italiani del Novecento hanno tradotto il fascismo nel motivo ispiratore di un romanzo di formazione poi concluso da ognuno con una scelta dichiaratamente antifascista. Quel drammatico passaggio di fase è il tema dominante della raccolta saggistica di Massimo Raffaeli che ne rintraccia la memoria negli autori del dopoguerra disposti a interrogare il lascito della cosiddetta “autobiografia italiana” fra il boom economico e gli anni della globalizzazione.

Massimo Raffaeli scrive da decenni di critica letteraria su quotidiani e riviste, collabora ai programmi di Radio3 Rai e della Radio Svizzera italiana. Ha curato testi di autori italiani e ha tradotto dal francese. Parte della sua produzione è raccolta in diversi volumi, fra cui Novecento italiano (2001) e Bande à part. Scritti per ‘Alias’ (2011, “Premio Brancati”).

DIETRICH LÜCKOFF: FRIEDRICH NERLY A PORTO VENERE - IL MELANGOLO 2014




DIETRICH LÜCKOFF
FRIEDRICH NERLY A PORTO VENERE
Estate 1828
Il Melangolo (29 maggio 2014)
Collana: Attraversamenti

Con questa plaquette Dietrich Lückoff ricostruisce il viaggio in Italia di un pittore tedesco appena ventenne, approdato nel 1828 a Porto Venere e tornato a casa con alcuni dei più bei paesaggi che siano mai stati dipinti sulle rive del Golfo della Spezia.

Dietrich Lückoff, nato nel 1957 a Ewersbach (Hessen), ha effettuato studi di Filologia romanza a Marburgo e Berlino. Autore di poesie, racconti e saggi. Vive a Berlino e alla Spezia.

MEMORIE GENOVESI: CLAUDIO COSTA, IL MIELE DELLE API D'ORO - GALLERIAFORMA 1977




Memorie genovesi:
CLAUDIO COSTA
un mobile e tre oggetti
il miele delle api d'oro
ipotesi per la ricostruzione del mistero
Galleriaforma
19 febbraio 1977

mercoledì 27 agosto 2014

RICHARD DEACON: ALPHABET, SCULPTURES & DESSINS - GALERIE THADDAEUS ROPAC, PARIS




RICHARD DEACON
ALPHABET, SCULPTURES & DESSINS
Galerie Thaddaeus Ropac
7, rue Debelleyme - Paris
August 26, 2014 - September 30, 2014

Galerie Thaddaeus Ropac Paris is presenting a solo exhibition by British sculptor Richard Deacon.
Along with Tony Cragg (b 1949) and Antony Gormley (b 1950), Richard Deacon is one of the most important contemporary British sculptors. His existential study of form and space reveals a fundamentally new approach, the determining factor being his treatment of the most diverse materials. The wavy, convoluted sculptures with their intricate rhythms and the biomorphic spatial objects are amongst the most complex works of modern sculpture. His early career was already marked by experiments with diverse materials and forms of artistic expression, which included performance, photography and drawing. Typical of his work is his keen interest in the specific consistency of the materials used, ranging from laminated wood to concrete, PVC, stainless steel and ceramics. Deacon's sculptures appear as complex lineaments, rhythmic intertextures or organic objects, impressive in their extraordinary interpenetration of form, surface and space.
In 1999, Richard Deacon began working with ceramics in a Cologne workshop. In Paris we are showing three enigmatic biomorphic sculptures of this material, multi-coloured and with a gorgeous glaze.

“Different thicknesses of the clay sheets affect how it folds, so that the bends in the convoluted surface vary. The looseness of form-making in these sculptures and their intensely coloured glazes speak of a radical materiality that disturbs any sense of structural harmony and perhaps has something in common with Lucio Fontana’s polychromatic sculptures of the late 1930s and early 40s. If the glazes of earlier works seemed to Deacon to be insufficiently complex as a paint surface, seeing a Tang dynasty pot with an egg and spinach glaze – a lead-based glazing that becomes very fluid in firing, running down the post-surface and dragging the oxide colour with it – in the Museum of East Asian Art in Cologne was the impetus for a more radical approach to glazing. Determinedly experimental, his approach to materials was unhampered by anxieties about technique, the result being that in this body of work colour appears to weep down the surface of the object” (Clarrie Wallis, 2005/10).

Here the ceramic sculptures are juxtaposed with three brightly coloured, powder-coated stainless steel sculptures from his Alphabet series, which in their clarity, austerity and graphic aesthetic form a contrast to the swirling surface of the ceramic sculptures. They are composed of several pent-, hex- or heptagonal fields that fit together like honeycombs or segments of a spider's web. These objects – something between mural, relief and freestanding sculpture – lean against the wall and touch the floor. The focus is on the interplay of positive and negative form, on the understanding that a sculpture is not defined through its surface alone, but mainly through its intervening spaces.
Deacon's sculptures often reflect the material world of everyday life; ordinary utensils trigger reflections on specific forms and structures.
A series of 12 works on paper are presented simultaneously. Fragile and poetic, these drawings all have a coloured background, which incorporate the vocabulary of his sculptural work. These works allow to better understand the basic idea and the first seeds of Richard Deacon's work as a sculptor.

Richard Deacon (b 1949 in Bangor, Caernarvonshire) lives and works in London, Paris and Cologne. His work has been shown nationally and internationally in many solo exhibitions held in museums and galleries including the Tate Gallery/London (1985), Bonnefanten Museum/Maastricht (1987/88), LA MoCA (1988), Whitechapel Art Gallery/ London (1989/90) and PS1/ New York (2001).
A comprehensive retrospective entitled The Missing Part opened in 2010 in the Musée de Strasbourg and was subsequently shown in the Sprengel Museum in Hanover, in 2011. The Centro de Arte Contemporáneo in Málaga presented a solo exhibition in 2012/13. In 2014 the Tate Britain in London showed a comprehensive retrospective of Deacon's work from 5 February until 27 April.
Richard Deacon has taught at the Düsseldorf Academy of Arts since 2009, having previously taught for twelve years at the École Nationale Supérieure des Beaux-Arts in Paris. He was awarded the Turner Prize in 1987, and represented Wales at the Venice Biennale in 2007.

Image: Richard Deacon, Alphabet N, 2013, Powder coated stainless steel, 142 x 230 x 5 cm.

DAVID LYNCH: DARK OPTIMISM - PALAZZO PANICHI, PIETRASANTA




DAVID LYNCH
DARK OPTIMISM
l'inquieto shguardo di Lynch
a cura di Alessandro Romanini
Palazzo Panichi
via del Marzocco ang. Piazza Duomo - Pietrasanta
23 agosto - 21 settembre 2014

L’iniziativa è parte del grande e variegato omaggio a Lynch programmato dal Lucca Film Festival 2014, di cui il regista sarà l’ospite d’onore.
Palazzo Panichi diventa il palcoscenico delle visioni surreali e inquietanti che hanno reso famoso David Lynch presso tutti gli appassionati di cinema con film come Eraserhead, Elephant Man, Velluto Blu, Cuore Selvaggio, Lost Highways, per citarne alcuni.
Visioni e temi ricorrenti che hanno caratterizzato la sua poetica, declinate sul versante fotografico e litografico. A Pietrasanta sarà possibile ammirare una serie fotografica dal titolo “Women and Machines”, costituita da 16 opere, realizzate da Lynch a fine 2013 e presentate in anteprima a Pietrasanta, come in anteprima viene presentata una suite di litografie realizzate a partire dal 2007.

Autore di fumetti, oltre alla sua nota attività di sceneggiatore vi è quella meno nota di scrittore, musicista, compositore e cantante, pittore (fortemente debitore dell’opera di Francis Bacon per sua stessa ammissione, come si evince da mostre come quella ospitata dalla Fondation Cartier di Parigi nel 2007 “Air is on Fire”, con opere disegnate e dipinte su tovaglioli di carta, scatole di fiammiferi oltre ai classici quadri tridimensionali).
Ma la sua poliedrica attività non si ferma qui, perchè Lynch ha voluto anche sperimentare installazioni, regie per video musicali, spot pubblicitari, performance teatrali, design, progettazione e realizzazioni di mobili (passione dovuta all’attività del padre che aveva un laboratorio di falegnameria).
Due i temi ricorrenti dell’universo lynchiano: la figura femminile colta nel suo potere evocativo, valorizzata nel suo elemento creatore e esposta nel suo versante ammaliante e secondo, ma non in ordine d’importanza, la macchina, colta nella sua doppia valenza di produzione umana e di strumento di creazione e distruzione.

Le 16 fotografie che costituiscono la serie “Women and Machines” sono state scattate nell’atelier Idem, a Parigi, dove da oltre un secolo sono prodotte litografie, realizzate dai più grandi maestri dell’arte del XX secolo, da Picasso a Braque, da Matisse a Chagall (in mostra sarà presentato anche un documentario realizzato dallo stesso Lynch dedicato al famoso atelier).
È in questo atelier, divenuto leggendario nell’immaginario artistico, che David Lynch scopre nel 2007 la tecnica litografica e da allora ha realizzato di suo pugno, oltre 200 grafiche, utilizzando una delle più antiche tecniche espressive.
La mostra presenta una selezione di questa ingente produzione, mettendo in evidenza i temi che hanno caratterizzato la sua poetica illustrata sul grande schermo.

FREDERICK HARTT: L'ARTE FIORENTINA SOTTO TIRO - FIRENZE LEONARDO 2014




FREDERICK HARTT
L'ARTE FIORENTINA SOTTO TIRO
a cura di Giandomenico Semeraro
Firenze Leonardo (27 agosto 2014)

L’Arte Fiorentina Sotto Tiro (Florentine Art Under Fire) venne pubblicato negli Stati Uniti poco dopo la II Guerra Mondiale, nel 1949: di questa vicinanza mantiene la memoria fresca, la prosa diretta, coinvolgente, dettagliata, allo stesso tempo diario cronaca e avventura.
Questo libro, finalmente in lingua italiana, colma un vuoto. Senza di esso non si potrebbe sapere che quelle opere d’arte di Firenze e della Toscana, quei monumenti, quegli oggetti d’arte, ed i palazzi, le torri…che oggi si offrono ai nostri occhi, assai probabilmente per via della guerra e dei ladrocini ad opera dei Nazisti non sarebbero dove sono e come sono.
Non fosse stato, anche ma soprattutto, per l’impegno, la determinazione, i rischi corsi in prima persona del suo autore Frederick Hartt (1914-1991), allora giovane intrepido e caparbio storico dell’arte (dopo il conflitto sarebbe divenuto il noto studioso di Michelangelo, e del Quattrocento Italiano), il quale, come Responsabile per la Toscana insieme a Deane Keller, fece parte di quello sparuto gruppo di uomini e donne della Sottocommissione alleata ai Monumenti, Belle Arti ed Archivi (MFAA) oggi conosciuto ai più come Monuments Men, che hanno svolto un ruolo determinante nella salvezza del patrimonio artistico, in Italia e in Europa.
  

GEOFFREY SCOTT: L'ARCHITETTURA DELL'UMANESIMO - CASTELVECCHI 2014




GEOFFREY SCOTT
L'ARCHITETTURA DELL'UMANESIMO
Contributo alla storia del gusto
Castelvecchi (27 agosto 2014)
Collana: Le Navi

Geoffrey Scott (11 June 1884 – 14 August 1929), originale figura di poeta e studioso, compone con questo libro, uscito in versione originale nel 1914, una brillante "storia naturale" del pensiero architettonico, per scoprire quanto di vero o di falso esista dietro la riflessione moderna. Pubblicato alla vigilia della Prima Guerra Mondiale e poi riveduto nel 1924, "L'architettura dell'Umanesimo" esprime una tensione estetizzante e un'acuta insofferenza per ogni approccio utilitarista. Per Scott, infatti, ciò che si avverte come "bellezza" non è mai materia di dimostrazione logica, ma si fonda piuttosto sul lavoro inconscio della memoria e affiora semplicemente come "piacere". L'educazione della facoltà creativa consisterà, allora, nell'affinare la sensibilità e ciò avverrà con l'abitudine a contemplare opere che incarnino i valori "umanizzati" di massa, spazio, linea e coerenza. È nella tradizione italiana, dal XV al XVIII secolo, che Scott ritrova tali valori: recuperarli è per lui un tentativo di ravvivare nei lettori il senso del gusto, avvilito dall'eclettismo vittoriano.

MEMORIE GENOVESI: UH! (1980)




Memorie genovesi:
UH!
performance, film, installazioni, mail-art, audio/video tapes, etc.
gennaio 1980

Il Centro Uh! (fondato nel 1980 da Angelo Pretolani, Adriano Rimassa e Roberto Rossini) ha realizzato numerose performances, partecipando a rassegne di livello nazionale e internazionale, e ha prodotto, tra l’altro, “Boring Test” (una serie di trasmissioni sperimentali di drammaturgia radiofonica per conto della RAI), interventi di videoarte, art-rock, mail art, edizioni d’arte in network e la rivista UH!. Questa esperienza – che ha influenzato l’ambiente underground genovese e anticipato, anche a livello nazionale, tendenze e modalità di partecipazione al mondo dell’arte che saranno caratteristiche degli anni a venire – è ormai riconosciuta come una delle più significative espressioni di quell’area che, dalle ceneri del ’68 e dal Movimento del ’77, attraverso il Punk e la New Wave, ha cambiato il modo di praticare e vedere la cultura contemporanea in Italia.

martedì 26 agosto 2014

CARSTEN HÖLLER: LEBEN - TBA21-AUGARTEN, VIENNA




CARSTEN HÖLLER
LEBEN
TBA21–Augarten
Scherzergasse 1A - Vienna
11 July – 23 November 2014

Surreal giant hybrid mushrooms, a functional flotation tank that enables corporeal stasis, a clock that gives the time only at select intervals, dream-enhancing toothpaste, and an elevated bed available for overnight booking—all these works play a part in Carsten Höller’s exhibition LEBEN to let visitors experience a different kind of logic, one that is far from habitual. However, what is at stake? Which use and practice is being proposed, if indeed the new rules of a hitherto unknown logic essentially seem to cause confusion? Only this much seems clear: the rules adopted by the visitors relate to the large and universal communality of existence and aliveness, and the knowledge of both. At the same time, the works thought of as tools provide the possibility of perceiving rudimentary and everyday activities (sleeping, bathing) differently than usual. They take place in a space, context and condition that no longer complies with a utilitarian rationale.
Elevator Bed (2010), the central element within the exhibition space, is as much a proposition as it is an installation. It can be booked on a nightly basis by prospective guests through a collaboration with Sofitel Vienna Stephansdom. The bed is mounted on a platform, which can be raised to different heights, up to 3.5 meters, allowing guests to spend the night perched high above the other works in the exhibition hall. Before going to sleep, guests are instructed to brush their teeth with Insensatus Vol. 1 Fig. 1, a dream-inducing series of toothpastes specially prepared in a local Viennese pharmacy, based on an original recipe devised by Höller and the perfumer Ben Gorham.
The water in High Psycho Tank contains a high concentration of Epsom salts. Visitors can undress and immerse themselves in the floatation tank, experiencing a sense of weightlessness and sensory equilibrium. The exhibition is accompanied and structured by Half Clock, a newly created work that functions as both a utilitarian time display and a seemingly illogical conundrum, with its apparent ability to alternately speed up or slow down the passage of time. High above the heads of viewers hangs the Gimpelwaage; where two pairs of trained bullfinches in two balanced aviaries whistle a melody that integrates into the leading soundtrack of the show.
The newly created film installation Fara Fara shows auditions and rehearsals for a musical clash between two stars of the vibrant Congolese music scene. The work introduces themes of duality and juxtaposition. Similar themes of duplication and division are prominent in Höller’s Vienna Twins. Here two identical siblings lead a completely logical, and at the same time confusing, conversation with a rhythmic and repetitive structure.
Outside, on the Augarten grounds, a moment of visual dissection is captured sculpturally in Giant Multiple Mushrooms. The two oversize fungi, one mature and the other still developing, are composed of four split mushroom bodies. They constitute a surreal moment of hybridity.
As an extension of the exhibition at Augarten and an additional experience for visitors, a special installation of the iconic work Y (2003), a split passageway encircled by a seemingly infinite halo of flashing white lightbulbs, is shown in cooperation with Vienna’s Belvedere in the spectacular Marble Hall. Y, which is from the collection of TBA21, articulates the dilemma of individual choice as a question of contingency.

With the exhibition LEBEN, TBA21–Augarten and the surrounding natural setting turn into a place for experimentation with life itself, as well as a field of collective action and shared responsibility introduced to visitors. The exhibits are conceived as a form of laboratory equipment, as unsaturated artworks, which become complete and understood only when activated and engaged with by exhibition visitors. Consequently, they enable new and illogical experiences of the activities of life itself.

The career of Carsten Höller is a considerably unusual one. Originally a student of agricultural science, he excelled in phytopathology with a graduating thesis examining the odor communication between insects. During this scientific work, he began an artistic career through the implementation of his scientific experiments into his aesthetic undertakings and creative projects. 1993 marked his inaugural participation in the Venice Biennial and shortly after representing Sweden in 2005 (along with Miriam Bäckström). Other important mentions of Höller’s expositions include the Expo 2000 in Hannover (with Rosemarie Trockel), the slide installation Test Site at the Tate Modern in London in 2006, the presentation of the Revolving Hotel Room at the Guggenheim, New York in 2010, the exhibition SOMA at Hamburger Bahnhof, Berlin in the same year and Experience at the New Museum, New York in 2011. Carsten Höller lives and works in both Stockholm, Sweden and Biriwa, Ghana.

Image: Carsten Höller, Elevator Bed, 2010. 

TAVOLARA E DEPERO - CASA DEPERO, ROVERETO




TAVOLARA E DEPERO
a cura di Nicoletta Boschiero e Manolo De Giorgi
Casa Depero
via dei Portici 38 - Rovereto
dal 17/5/2014 al 14/9/2014

Eugenio Tavolara (Sassari 1901-1963) e Fortunato Depero (Fondo 1892 – Rovereto 1960) forse non si incontrarono mai, ma negli stessi anni e in luoghi diversi portarono avanti una ricerca artistica e stilistica simile, protagonisti di prim’ordine tra gli artisti dediti alle arti applicate e al design contemporaneo.
L’occasione per un confronto ideale è data oggi dalla grande mostra allestita nella Casa d’arte futurista Fortunato Depero, unico museo fondato da un futurista con sede a Rovereto, nella quale, dal 17 maggio al 14 settembre, le opere dell’artista sardo e del trentino dialogano.
Il progetto presenta al pubblico opere scelte di Eugenio Tavolara e progetti, marionette e sculture di Fortunato Depero in un colloquio inedito intorno alle suggestioni del folklore e delle avanguardie di inizio secolo.
I curiosi legami tra i due maestri, oltre a quelli evidenti dal paragone tra le produzioni e le opere (si pensi ai celebri loghi, ai giocattoli, alle figure meccaniche, ai disegni, ai tappeti), scaturiscono anche dall’aver vissuto attivamente lo stesso tempo, interpretando le medesime istanze e tendenze. Nell’Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne di Parigi del 1925 per esempio Depero partecipò allestendo, con Balla e Prampolini, una sala dedicata al futurismo, Tavolara invece presentò figure meccaniche e pupazzi in legno che gli valsero una medaglia d’oro e ampie segnalazioni da parte della critica.

Immagine: Eugenio Tavolara, "Bue grasso", 1959. Collezione Luisangela e Rosaria Tavolara.
  


ROBERT ADLINGTON: COMPOSING DISSENT - OXFORD UNIVERSITY PRESS 2013




ROBERT ADLINGTON
COMPOSING DISSENT
Avant-garde Music in 1960s Amsterdam
Oxford University Press
(August 9, 2013)

The 1960s saw the emergence in the Netherlands of a generation of avant-garde musicians (including figures such as Louis Andriessen, Willem Breuker, Reinbert de Leeuw and Misha Mengelberg) who were to gain international standing and influence as composers, performers and teachers, and who had a defining impact upon Dutch musical life. Fundamental to their activities in the sixties was a pronounced commitment to social and political engagement. The lively culture of activism and dissent on the streets of Amsterdam prompted an array of vigorous responses from these musicians, including collaborations with countercultural and protest groups, campaigns and direct action against established musical institutions, new grassroots performing associations, political concerts, polemicising within musical works, and the advocacy of new, more 'democratic' relationships with both performers and audiences. These activities laid the basis for the unique new music scene that emerged in the Netherlands in the 1970s and which has been influential upon performers and composers worldwide.
This book is the first sustained scholarly examination of this subject. It presents the Dutch experience as an exemplary case study in the complex and conflictual encounter of the musical avant-garde with the decade's currents of social change. The narrative is structured around a number of the decade's defining topoi: modernisation and 'the new'; anarchy; participation; politics; self-management; and popular music. Dutch avant-garde musicians engaged actively with each of these themes, but in so doing they found themselves faced with distinct and sometimes intractable challenges, caused by the chafing of their political and aesthetic commitments. In charting a broad chronological progress from the commencement of work on Peter Schat's Labyrint in 1961 to the premiere of Louis Andriessen's Volkslied in 1971, this book traces the successive attempts of Dutch avant-garde musicians to reconcile the era's evolving social agendas with their own adventurous musical practice.

RAY JOHNSON: THE PAPER SNAKE - SIGLIO 2013




RAY JOHNSON
THE PAPER SNAKE
Siglio
(July 31, 2014)

Long out of print and unavailable to wider audiences, The Paper Snake is an essential work in Ray Johnson's oeuvre and the second title published by Dick Higgins' Something Else Press, in 1965. Johnson describes the book as "all my writings, rubbings, plays, things that I had mailed to [Higgins] or brought to him in cardboard boxes or shoved under his door, or left in his sink, or whatever, over a period of years." A vertiginous, mind-bending artist's book, The Paper Snake was far ahead of its time. In his essay "The Hatching of the Paper Snake," Higgins says: "I was fascinated by the way that the small works which Ray Johnson used to send through the mail seemed so rooted in their moment and their context and yet somehow they seemed to acquire new and larger meaning as time went along ... Since a book is a more permanent body than a mailing piece or even than our own physical ones, I could not help wondering what it would be like to make a new body for Johnson's ideas as a sort of love letter or time capsule for the future." A collection of letters, little plays, tid-bits, collages and drawings, The Paper Snake connects disparate elements to unbed fixed relationships and forge new systems of meaning by means of scissors, paste and the American postal system.

EZRA POUND: CANTOS 91, 96 - ANA ECCETERA 1958




EZRA POUND
CANTOS 91, 96
Brani tradotti da Enzo Siciliano
Ana Eccetera
Esercizi, notizie di lavoro
numero speciale in occasione del ritorno in Italia di Ezra Pound
Genova 1958

MARKUS BRUNETTI; FACADES - MAKK, COLOGNE




MARKUS BRUNETTI
FACADES
Cathedrals, Churches, Cloisters in Europe
MAKK
An der Rechtschule, Köln
from 20 August to 14 December 2014

Any observer standing in front of Markus Brunetti’s large photographs immediately senses the quiet grandeur of the pictures – a grandeur defined first of all by the objects themselves, and secondly by the way the artist interprets, configures, and works on them.
More than nine years ago Brunetti began pursuing his passion and set out on a long journey through Europe that is still going on today, capturing the continent’s most famous cathedrals, churches, and cloisters in his photographs.
He not only visits the renowned sacred buildings, such as the large Gothic cathedrals (Cologne, Strassbourg, Reims, etc.), but he also discovers gems such as the village church in Cortegaça, Portugal, shown here with its Azulejos, which he photographed with the same devotion and attention he gives to its more famous “big” sisters.
Brunetti is an enthusiastic “picture maker,” an “inventor of images” who captures and interprets the buildings he photographs in the same way that their builders and architects must have originally imagined them when they first laid out their designs on paper.
Shot from an uncompromising frontal perspective, the solitary objects seem to float, detached from time and their surroundings, bathed in a soft, almost surrealistic light. Viewers can immerse themselves completely in the experience of observing the whole facade, free from the constrictions of the normal low-angle perspective, and without the distractions and diversions stemming from the noise of everyday urban life. One is nearly tempted to try to touch the suddenly visible details in all of their apparent three-dimensionality.
“Facades” is an attempt to create a visual encyclopedia of the many different histories of sacred European architecture through the means of twenty-first-century photography.