lunedì 28 marzo 2016

SGUARDI PARALLELI: MARIO BALOCCO, FRANÇOIS MORELLET - FONDAZIONE RAGGHIANTI, LUCCA




SGUARDI PARALLELI
MARIO BALOCCO, FRANÇOIS MORELLET
a cura di Paolo Bolpagni
Complesso Monumentale di San Micheletto
Via San Micheletto 3 - Lucca
24/3/2016 - 26/6/2016

La nuova mostra promossa dalla Fondazione Ragghianti, a cura di Paolo Bolpagni, ha due protagonisti: il francese François Morellet (Cholet, 1926), uno dei più grandi e celebrati artisti viventi, tra i maestri indiscussi del contemporaneo, e Mario Ballocco (Milano, 1913-2008), pittore e teorico di enorme talento e genio pionieristico, di cui è in atto da alcuni anni la riscoperta.
Dedicare una mostra, una doppia personale, a Morellet e a Ballocco costituisce il primo tentativo, mai compiuto finora, di accostare i percorsi di due artisti che non si conobbero, ma, soprattutto in alcune fasi delle rispettive carriere, imboccarono “parallelamente” strade analoghe e molto anticipatrici.
I due furono, uno in Francia e l’altro in Italia, precursori, già all’inizio degli anni Cinquanta, di molti aspetti dell’arte cinetica e programmata (e in certa misura anche della Optical Art), che sarebbe esplosa come tendenza generale nel decennio successivo.
L’attenzione alle questioni percettive, alla visione e al movimento, al problema della forma e del colore, all’interdisciplinarietà e al rapporto con il design sono elementi che ritroviamo pre-cocemente sia in Ballocco, sia in Morellet. Persino alcuni fattori costituitivi del loro lessico artistico mostrano somiglianze insospettabili: basti confrontare le “trame” del francese con i “reticoli” dell’italiano.
I parallelismi, insomma, sono numerosi e calzanti, a tratti sorprendenti, soprattutto fino ai primi anni Sessanta, quando Morellet, allora esponente del GRAV (il parigino “Group de Recherche d’Art Visuel”), comincerà a sperimentare l’utilizzo del neon e della multimedialità, mentre Ballocco – fermo restando il suo lavoro pittorico – imboccherà la strada del teorico e dell’esperto di problemi cromatologici, anche nell’ambito applicativo e degli studi sul design.
Seguire i loro sviluppi a partire dalla metà degli anni Quaranta consente di misurare il progressivo approdo dei due artisti all’astrattismo. Il 1950 è un anno di svolta per entrambi: Ballocco fonda il Gruppo Origine insieme con Alberto Burri, Giuseppe Capogrossi ed Ettore Colla, mentre Morellet, abbandonata ogni traccia informale, “conquista” la geometria, iniziando a realizzare dipinti scanditi in precisi ritmi visivi.
Nel 1952 si affaccia in ambedue gli artisti la questione della modularità: le “grate” e i “reticoli” di Ballocco si trasformano in griglie e sequenze di rettangoli; Morellet, da parte sua, costruisce le proprie opere sul quadrato e sul triangolo. Già nella seconda metà degli anni Cinquanta la loro produzione è ormai improntata a una ricerca intorno alla forma e al colore: al centro dell’attenzione è lo studio dei meccanismi della visione e dei fenomeni ottici. Il linguaggio impiegato da entrambi è astratto, ma si pone al di là degli stili delle precedenti avanguardie: l’intento è di superare la nozione tradizionale di arte come “espressione” per puntare al coinvolgimento dello spettatore non sul piano emozionale, bensì percettivo e psicologico.
Dopo una fase di maggiore distanza (soprattutto fra il 1963 e il 1968), è interessante notare che, verso la fine degli anni Settanta, i percorsi di Ballocco e di Morellet si incontreranno di nuovo – sempre “a distanza” – nel privilegiare l’utilizzo del bianco e nero, e quindi un progressivo abbandono del colore.
Sono esposte nelle sale della Fondazione Ragghianti circa settanta opere, molte delle quali inedite in Italia (e anche inedite in senso assoluto), che documentano la carriera artistica di Mario Ballocco e di François Morellet dal 1945 agli anni Ottanta. Le sale mostrano il parallelo sviluppo delle loro ricerche, correndo su un duplice binario che consente di istituire confronti e di misurare somiglianze e differenze. Ci sono anche dipinti di Alberto Burri, Giuseppe Capogrossi ed Ettore Colla (“compagni di strada” di Ballocco nell’avventura del Gruppo Origine), e inoltre documenti originali, fotografie, un video e cataloghi e riviste d’epoca. Da segnalare, poi, la presenza in mostra dei primi neon di François Morellet, risalenti agli anni Sessanta, straordinariamente concessi in prestito per l’occasione nonostante la loro rarità e fragilità.

Il catalogo, delle Edizioni Fondazione Ragghianti Studi sull’Arte, è firmato dal curatore della mostra Paolo Bolpagni e contiene anche un saggio del filosofo Massimo Donà, un testo scritto da Morellet nel 1971 e qui tradotto per la prima volta in italiano, le schede scientifiche delle opere esposte e apparati biobibliografici.

La mostra è realizzata in collaborazione con l’Associazione Archivio Mario Ballocco di Milano e lo Studio Morellet di Cholet, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e il patrocinio della Città di Lucca.